Come accade ad ogni tornata elettorale, alcune categorie di cittadini si ritroveranno tagliate fuori dalle urne. Non per volontà, ma a causa di una legislazione considerata dagli stessi esclusi come «anacronistica e discriminatoria». Si tratta degli italiani senza cittadinanza, degli studenti e dei lavoratori fuori sede: potenziali elettori che per ragioni diverse, di volta in volta, si ritrovano impossibilitati ad esercitare il diritto di voto. «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”, recita l’articolo 48 della costituzione. “Tutti cittadini“, appunto. Un principio di uguaglianza declinato in chiave discriminatoria dalla politica, incapace di mettere mano alle vecchie normative che regolano l’accesso al voto, per chi vive lontano dal seggio o per chi non può ottenere la cittadinanza italiana, requisito fondamentale per godere appieno dei diritti politici. […] nel mese di settembre migliaia di fuorisede faranno ritorno presso la città in cui ha sede la propria università per affrontare la sessione d’esame e straordinaria. Una condizione, quest’ultima, che spesso si traduce nell’impossibilità di esercitare il diritto di voto. Tempi stretti, costi di viaggio e lunghe distanze rendono complicato il ritorno verso casa. Secondo l’Istat, la platea dei fuori sede - tra studenti e lavoratori - conta circa 5 milioni di elettori, il 10 per cento degli aventi diritto. Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani tra i 18 e i 35 anni, principalmente residenti al Sud. Una fetta di potenziali elettori che di volta in volta contribuisce ad allargare la crescente percentuale degli astensionisti. La legge italiana non prevede metodi alternativi al voto tradizionale. O meglio: li prevede solo in determinati casi, come per i cittadini che risiedono stabilmente all’estero o per coloro che si trovano temporaneamente fuori dall’Italia per motivi di lavoro, salute o studio. Il risultato, però, è una situazione al limite del paradosso: diventa più facile votare per un cittadino che vive dall’altra parte del mondo rispetto a chi si trova a poche ore dal seggio. L’Italia è rimasto l’unico Paese europeo, insieme a Malta e Cipro, a non consentire una qualche forma di voto a distanza.
Gabriele Bartoloni, L’Espresso (4/9/2022)
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