Ci sono le emissioni climalteranti di ogni anno e ci sono quelle che si sono accumulate in atmosfera nei secoli passati. Per quanto riguarda le prime, la Cina ne detiene il record e l’India sta rapidamente scalando la classifica. Ma per quanto riguarda le seconde, più del 50 per cento di quelle accumulate appartengono a Usa, Europa e Giappone che insieme fanno il 17 per cento della popolazione mondiale. Le hanno emesse dalla Rivoluzione industriale in poi, alimentando le loro economie e diventando, grazie ai combustibili fossili, le aree più ricche del mondo con più del 50 per cento del pil mondiale. Oggi le loro economie si stanno “disaccoppiando”, cioè sono in grado di crescere anche diminuendo le emissioni totali. Ma non è questo il caso dell’India e, per certi versi, anche della Cina, entrambe ancora sul lato crescente della curva del rapporto fra pil ed emissioni totali. Un indiano dispone di un reddito che è la metà delle media mondiale, un settimo di quello europeo e un decimo di quello americano. E questo vale anche per altri paesi asiatici e africani. (…) Scandalizzarsi perché l’India abbia chiesto un rallentamento dall’uscita del carbone è ridicolo. Il 40% dell’energia elettrica nel mondo si produce ancora con il carbone. Anche negli Stati Uniti, dove rappresenta il 25% della produzione elettrica e, seppur in diminuzione, pure in Germania, dove è la prima fonte utilizzata. Pensare di sostituire il tutto in tempi rapidi solo con l’ausilio delle rinnovabili è una pura illusione. Si può forse fare nelle aree sviluppate del mondo, ma solo con l’ausilio del gas e del nucleare che forniscono energia elettrica in grandi quantità e in modo stabile, senza le variazioni giornaliere e stagionali che presentano le rinnovabili. Ma nell’ex terzo mondo questo comporterebbe investimenti rispetto ai quali i 100 miliardi di dollari promessi (?) dai paesi ricchi sono un’inezia.
Canzone del giorno: Damage Control (2021) - Curtis Salgado
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