Non succedeva spesso, ma succedeva. Giocavamo a calcio all’oratorio, tra due filari di enormi platani. Le porte erano segnate da maglioni per terra. Non c’erano pali e traverse, ma l’occhio era allenato, e un tiro all’incrocio dei pali veniva riconosciuto subito, all’unanimità e con entusiasmo. Cosa non facile, perché la traversa era calcolata sull’altezza del portiere: una spanna sopra il suo braccio alzato. Se il portiere era un piccoletto, solo tiri a mezza altezza. Ma quando in porta ci andava Franco, agile spilungone vermiforme, potevamo tirare dove volevamo. Tanto, parava quasi tutto. Ogni tanto, però, scattava il litigio. Il portiere prendeva gol su una deviazione e se la prendeva con la difesa; il difensore falciava l’attaccante e sosteneva di non averlo toccato: insomma, cose che accadono anche in serie A. In questo caso, avveniva una cosa curiosa: più ci sentivamo in colpa, più strillavamo. Era un modo per non affrontare la discussione, che ci avrebbe visto perdenti. Mi è tornato in mente l’oratorio di San Luigi, quando ho ascoltato Giorgia Meloni in Parlamento, mentre affrontava le discussioni sulle violenze squadriste di Roma, culminate all’assalto alla Cgil e a un Pronto soccorso. «Strategia della tensione!». Ma quando mai. «Non conosco la matrice della violenze!». Ah, no? Bastava guardarli e ascoltarli. È chiaro che la maggioranza dei «No Green Pass» in piazza non era violenta (solo illogica e confusa). Ma è chiaro che i neofascisti hanno approfittato dell’occasione per far casino (come i black bloc in altre occasioni, ricordate?). A Giorgia Meloni vorrei domandare un cosa. Anzi, chiedere un piacere. Non ributtiamo i ragazzi italiani nel calderone schifoso che ha segnato la mia gioventù. La leader di Fratelli d’Italia ha vent’anni di meno e non può ricordare: ma è stato brutto, e i personaggi che oggi rimettono fuori la testa — Roberto Fiore, Luigi Aronica detto «er Pantera» — hanno la mia età. Molti di noi hanno conosciuto coetanei — neri, rossi — che hanno picchiato, ferito, sparato e ucciso. Basta così. Di questo patetico, eterno ritorno siamo stanchi. Andiamo avanti.
Beppe Severgnini, Corriere della Sera (16/10/2021)
Canzone del giorno: Kiss This World (2018) - Tinsley Ellis
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