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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 5 agosto 2021

Semestre bianco

Renzo Laconi, dice niente? Proprio niente? Peccato. Perché ne sentiremo parlare, e forse dovremo perfino imparare a conoscerlo. È a lui, infatti, che dobbiamo quella sorta di Glaciazione Istituzionale nella quale sta per precipitare il Paese: essendo stato lui a immaginare e volere – tre quarti di secolo fa – quella tagliola che porta il nome un po’ desolante di semestre bianco. Renzo Laconi era un deputato membro dell’Assemblea costituente. Sardo, filosofo e naturalmente comunista: diciamo naturalmente perché fu lui – segnato dall’opposizione al regime fascista – a vedere un possibile problema nell’impalcatura costituzionale che, finita la guerra, si stava finalmente progettando: «Se il Presidente della Repubblica, allo scadere del suo mandato, si trovasse con due Camere le quali in modo evidente non gli fossero favorevoli, egli potrebbe benissimo scioglierle e prorogare i suoi poteri per avere nuove Camere che potrebbero essere a lui più favorevoli». E così, l’Assemblea costituente condivise il timore e stabilì che negli ultimi sei mesi del suo mandato il Presidente della Repubblica non potesse sciogliere le Camere e portare il Paese alle elezioni anticipate. Il cosiddetto semestre bianco, dunque, nasce da una «preoccupazione partitica» – diciamo così – nei confronti delle mosse di un Presidente della Repubblica che volesse restare al suo posto per un secondo mandato: uno scenario che evidentemente fa sorridere, se paracadutato nell’oggi. [...] Chi ha un minimo di interesse per la politica, sa che l’elezione del capo dello Stato rappresenta da sempre una prova difficile e delicata per tutti i partiti. Non sempre il percorso è semplice. Quasi mai è lineare. A volte ci si ingarbuglia a tal punto che nessuna soluzione sembra più possibile: poi qualcuno tira fuori il coniglio dal cilindro. L’ultima volta fu Renzi, con la sorpresa-Mattarella. Stavolta ci si guarda intorno ma registi non se ne vedono. A meno che non si punti a semplificare la questione... Qualcuno lo ha già fatto e dice: Draghi è la nostra garanzia verso l’Europa, dunque non è il caso che lasci ora palazzo Chigi. Qualcun altro ha aggiunto: Mattarella resti ancora al Quirinale fino a fine legislatura (primavera 2023) e poi il nuovo Parlamento sceglierà il successore. L’ultimo, infine, ha domandato: ma gli altri sono tutti d’accordo? Ecco, questo semestre bianco comincia così. E se il buongiorno si vede dal mattino…

Federico Geremicca, la Stampa (31/7/21)

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