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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 25 febbraio 2021

Datificati

I browser per navigare sul web, le app sul telefono, i social network, ma anche le visite mediche, i pagamenti elettronici, e ora persino la scuola e l’università. Sono sempre più numerose le nostre attività che generano dati capaci di parlare di noi. Siamo tutti cittadini “datificati”. Sottoposti cioè a quella “datificazione” entrata nella Treccani tra i neologismi del 2019 e definita come «il processo tecnologico che trasforma vari aspetti della vita sociale o della vita individuale in dati, che vengono successivamente trasformati in informazioni dotate di nuove forme di valore anche economico ». I nostri figli, le nostre famiglie, le nostre vite: tutto viene trasformato in dati, che vengono condivisi e venduti come “materie prime” su cui guadagnare anche senza il nostro esplicito – o almeno del tutto consapevole – consenso. Essere datificati è inquietante. È sgradevole la sensazione che si prova quando, dopo avere abbozzato un controllo di massima, ci si accorge di quante siano le informazioni sul nostro vissuto che comunque abbiamo messo e continuiamo a mettere a disposizione di aziende private. Grazie alle decine di “Termini e condizioni” che abbiamo accettato senza leggere o perché non avevamo scelta, abbiamo offerto a queste aziende la possibilità di usare le nostre informazioni personali per costruirci attorno delle “identità uniche digitali” da vendere ai famigerati “soggetti terzi”: investitori pubblicitari (nel migliore dei casi), compagnie assicurative, banche o potenziali datori di lavoro (negli scenari più minacciosi). [...] Ne emerge una realtà allarmante su come i dati personali raccolti influenzano le nostre vite. A partire dai bambini, che sono profilati ancora prima di esistere. Come? Nel momento in cui una donna cerca su internet informazioni riguardanti una gravidanza ancora solo da progettare, ad esempio, il motore di ricerca inizia a raccogliere i primi da- ti sul bambino che verrà. Le app per tracciare la gravidanza collezionano informazioni sui progressi dell’embrione fino alla nascita. Le ricerche dei genitori sul web e le informazioni sul figlio che renderanno pubbliche nel tempo sui social network contribuiranno a costruirgli un “primo livello” di profilazione. Gli assistenti vocali che sempre più persone si mettono in casa, poi, ascoltano quello che si dice in famiglia e raccolgono a loro volta informazioni preziose per definire l’identità di genitori e figli. La creazione di questo enorme database prosegue negli asili e nelle scuole, dove inizia la profilazione “professionale” della persona. Strumenti come il registro scolastico elettronico o le piattaforme per seguire le lezioni a distanza e fare i compiti possono raccogliere un’enormità di dati su rendimento scolastico e abitudini di apprendimento dei singoli alunni. In alcuni casi questi dati possono essere ceduti a terzi. [...] La grande minaccia di Big Data è quella di una società dove la diseguaglianza è inesorabile, perché le persone sono condannate ad essere quello che ha deciso per loro un algoritmo segreto in base ai dati che è riuscito a raccogliere. 

Claudia La Via, Avvenire (24/2/2021)

Canzone del giorno: Trappole (2008) - Marracash
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