La sveglia è suonata ma abbiamo fatto finta di non sentirla. Come se la primavera del nostro tormento, con l’immagine simbolo dei camion di Bergamo carichi di bare perché al cimitero non c’era più posto, appartenesse non a metà marzo, appena cinque mesi fa, ma a un trapassato remoto, destinato a non tornare mai più. E abbiamo esorcizzato la grande paura negandola e rinnegandola, ricominciando la vita di prima con una specie di fame malata. Fuori tutti, a recuperare il tempo perduto, mangiandoci l’estate a morsi, ragazzi e non soltanto, a Cervia come a Cortina o in Costa Smeralda o in Paesi sconsigliati dal buon senso, tutti insieme, vicini vicini, irresponsabilmente. Il risultato di questa insana rimozione collettiva è il bollettino di una sconfitta nazionale. Ancora a fine giugno, i contagi a settimana erano 1.259. Dal 21 al 27 agosto sono diventati 7.831, con una media di quasi 1.500 al giorno, con un incremento del 100 per cento sui fuochi di Ferragosto e con i giovani, risparmiati dalla prima ondata, balzati in cima alla lista degli infetti (età media, oggi, 29 anni contro gli oltre 70 di aprile). Il Covid ci ha ingannato e noi ci siamo lasciati docilmente, incoscientemente, ingannare. Certo, si fanno più tamponi. Certo, il virus in questa fase sembrerebbe un po’ meno aggressivo. Certo, ospedali e scienza medica sono più preparati ad affrontare la bestia. Forse.
Intanto si avvicina come una sentenza la data del 14 settembre, con l’annunciata ma non del tutto assicurata riapertura delle scuole dopo sei mesi di chiusura, record europeo, se non mondiale. Riusciranno i nostri eroi a compiere l’impresa, tra aule che mancano, insegnanti che non si capisce ancora bene se saranno in numero sufficiente, trasporti pubblici da ritarare, Regioni pervicacemente disallineate, sullo sfondo di un Paese tutt’altro che guarito, anzi? Tra i tanti dazi che stiamo pagando e pagheremo, c’è quello di aver sottovalutato l’importanza strategica dell’Istruzione, relegata alla voce «eventuali e varie» nella girandola estenuante di vertici per la ripartenza. Se c’era un tema da sottrarre alle competenze di un singolo ministero e da mettere al centro dell’agenda di tutto l’Esecutivo, era proprio questo. (...) L’estate del nostro spavento sta per concludersi molto peggio di quanto gli esperti, e ciascuno di noi, sperava o si illudeva. Bisogna tornare a rafforzare i nostri argini, ricominciando dal rispetto delle cautele indispensabili e quindi dalle pene per chi metterà a rischio, con la sua impudenza, la difesa della salute della nostra comunità. Lo dobbiamo a noi stessi, ai giovani a cui consegneremo il Paese, ai tantissimi che ci hanno salvato durante la tremenda e dimenticata Fase uno. Difficile non concordare con l’amara considerazione di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della Sanità: «Si è persa la memoria dei morti che abbiamo contato». Recuperarla, almeno quella, sarebbe un primo passo.
Carlo Verdelli, Il Corriere della Sera (30/8/2020)
Intanto si avvicina come una sentenza la data del 14 settembre, con l’annunciata ma non del tutto assicurata riapertura delle scuole dopo sei mesi di chiusura, record europeo, se non mondiale. Riusciranno i nostri eroi a compiere l’impresa, tra aule che mancano, insegnanti che non si capisce ancora bene se saranno in numero sufficiente, trasporti pubblici da ritarare, Regioni pervicacemente disallineate, sullo sfondo di un Paese tutt’altro che guarito, anzi? Tra i tanti dazi che stiamo pagando e pagheremo, c’è quello di aver sottovalutato l’importanza strategica dell’Istruzione, relegata alla voce «eventuali e varie» nella girandola estenuante di vertici per la ripartenza. Se c’era un tema da sottrarre alle competenze di un singolo ministero e da mettere al centro dell’agenda di tutto l’Esecutivo, era proprio questo. (...) L’estate del nostro spavento sta per concludersi molto peggio di quanto gli esperti, e ciascuno di noi, sperava o si illudeva. Bisogna tornare a rafforzare i nostri argini, ricominciando dal rispetto delle cautele indispensabili e quindi dalle pene per chi metterà a rischio, con la sua impudenza, la difesa della salute della nostra comunità. Lo dobbiamo a noi stessi, ai giovani a cui consegneremo il Paese, ai tantissimi che ci hanno salvato durante la tremenda e dimenticata Fase uno. Difficile non concordare con l’amara considerazione di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della Sanità: «Si è persa la memoria dei morti che abbiamo contato». Recuperarla, almeno quella, sarebbe un primo passo.
Carlo Verdelli, Il Corriere della Sera (30/8/2020)
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