Sono
passati solo tre mesi, ma da un punto di vista politico è come se fosse passata
un’era geologica: siamo passati dal tempo dell’Europa gendarme a quello
dell’Europa nutrice. Peccato che per ottenere la conversione ci siano voluti
oltre 50mila morti e l’arretramento del Pil nell’ordine dell’8%. Era il 20
febbraio 2020 e Conte si apprestava ad andare a Bruxelles per partecipare alla
riunione del Consiglio dell’Unione Europea dedicato alla definizione del
bilancio comunitario 2021-2027. Una riunione che si preannunciava piuttosto
difficile perché quando si tratta di soldi ogni paese cerca di dare il meno
possibile e di ottenere, al contrario, il massimo possibile. (…) Così si è
giunti alla proposta della Commissione Europea di fare salire il bilancio
comunitario del periodo 2021-2027 addirittura a 1.850 miliardi, di cui 1.100
messi a disposizione dagli Stati membri e 750 ottenuti a prestito,
appositamente per finanziare il programma denominato “Next Generation Ue”
finalizzato a riparare i danni provocati dalla pandemia e più in generale a
«rimettere in piedi l’Europa, accelerare la duplice transizione verde e
digitale e costruire una società più giusta e più resiliente». La Commissione
ha spiegato che nelle sue intenzioni il fondo speciale per il programma Next
Generation sarà distribuito agli Stati membri in parte sotto forma di
contributi a fondo perduto, in parte sotto forma di prestiti agevolati. Inoltre
ha precisato che per mettersi in condizione di ripagare il maxi-prestito da 750
miliardi intende chiedere di ampliare le proprie fonti di entrata. Attualmente
le principali fonti di entrata dell’Unione Europea sono i contributi versati da
ogni Stato membro in proporzione al proprio Prodotto interno lordo, la
compartecipazione ai dazi doganali riscossi alle frontiere esterne, la
compartecipazione all’Imposta sul valore aggiunto, le multe inflitte alle
imprese che violano le norme sulla concorrenza. L’ipotesi della Commissione per
garantirsi maggiori entrate è di chiedere agli Stati membri di introdurre nuove
tasse, utili al tempo stesso a garantire introiti aggiuntivi all’Ue e a
correggere particolari storture ambientali ed economiche. Se ne potrebbero
citare almeno 6. La prima: l’estensione alle compagnie aeree e marittime
dell’obbligo di acquistare i diritti di emissione di anidride carbonica.
Gettito previsto: 10 miliardi di euro all’anno. La seconda, definibile come
carbon tax, prevede un dazio doganale imposto su tutti i prodotti esteri
provenienti da Paesi che non stanno assumendo gli stessi impegni di
abbattimento di anidride carbonica assunti dall’Unione Europea. La lista
sarebbe molto lunga e sicuramente si aprirebbe con gli Stati Uniti, a cui però
qualcuno deve bene insegnare che il motto America first (Prima l’America) deve
essere sostituito con Humanity first (Prima l’umanità). Gettito previsto fra i
5 e i 14 miliardi di euro. La
terza prevede l’introduzione di una sovrattassa fatta pagare alle imprese che
godono di vantaggi particolarmente favorevoli per il fatto di poter operare in
un mercato comune. Gettito previsto: altri 10 miliardi di euro all’anno. La
quarta: l’introduzione della plastic tax, una tassa applicata su tutte le
plastiche monouso, dalle posate alle buste per la spesa, dai cotton fioc alle
cannucce in plastica da gettare nella spazzatura dopo un singolo utilizzo.
Gettito previsto: 6 miliardi di euro. La
quinta, definibile come web tax, consiste in un’imposta applicata ai proventi
ottenuti dalle piattaforme informatiche. Stiamo parlando di giganti come
Google, Facebook, Amazon, Ebay, Uber e molti altri che oggi riescono a
sottrarre milioni di euro ai Paesi in cui operano approfittando delle diversità
fiscali fra Stati, della loro mancanza di collaborazione, della virtualità di
Internet. (…) Secondo la Commissione Europea se solo venisse applicata alle
imprese con fatturati globali superiori ai 750 milioni di euro, la web tax
potrebbe generare all’Unione Europea un gettito annuo di circa un miliardo e
mezzo di euro. La sesta e ultima proposta si chiama Tobin tax, una tassa sulle
transazioni finanziarie per frenare la speculazione e l’avanzata della finanza
che sta diventando così invadente da strangolare l’economia reale. Per
concludere, lotta all’evasione, lotta all’inquinamento e lotta alla
speculazione dovrebbero diventare i pilastri finanziari di una nuova Europa che
finalmente sia sinonimo di equità e sostenibilità, come richiedevano i padri
fondatori di Ventotene.
Francesco Gesualdi, Avvenire (13/6/2020)
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