L’Italia non è un Paese per giovani, soprattutto se laureati e con poca voglia di perdere tempo con lavori precari e percorsi ancora assolutamente lontani dallo sviluppo tecnologico e dall’innovazione con cui il resto d’Europa ha ormai ripreso a crescere superando la crisi economica. E — lo certificano adesso anche i dati Istat che scardinano definitivamente la becera strategia della paura dello straniero per conquistare consenso politico — non è più nemmeno un Paese per immigrati, soprattutto africani. «Eravamo tutti concentrati a difenderci dall’invasore e non ci siamo accorti che l’unica cosa di cui dovremmo avere veramente paura è questa continua emorragia di giovani italiani. Denatalità, neet (persone che non studiano né lavorano) ed emigrazione sono indicatori, ormai cronicizzati, del fallimento di un Paese che non ha individuato alcun percorso di sviluppo».
È severa l’analisi che Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale alla Cattolica di Milano, fa dell’ultimo report dell’Istat che restituisce una fotografia impietosa dell’Italia dei cervelli in fuga: 117.000 (età media 30 anni) solo nel 2018, 816.000 negli ultimi dieci anni, 182.000 dei quali laureati, ma in generale con un livello di istruzione medio-alto. Un’emorragia costante negli ultimi dieci anni quella degli italiani che scelgono di trasferirsi all’estero a fronte della quale, nel 2018, fa da contraltare anche il calo dell’immigrazione, soprattutto dai Paesi africani, che fa segnare un meno 17 per cento. (...) Insomma, un Paese che dice ai suoi giovani: non conta l’impegno, non contano le doti, non c’è spazio per il merito, purtroppo sei nato nella famiglia sbagliata. Sono tra i FridaysforFuture e sono tra le Sardine, sono un capitale umano che l’Italia forma ma su cui non investe. «O il Paese si dà una scossa adesso o diversamente invece di scegliere per chi votare dovranno solo scegliere dove andare».
Alessandra Ziniti, Repubblica (17/12/2019)
È severa l’analisi che Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica sociale alla Cattolica di Milano, fa dell’ultimo report dell’Istat che restituisce una fotografia impietosa dell’Italia dei cervelli in fuga: 117.000 (età media 30 anni) solo nel 2018, 816.000 negli ultimi dieci anni, 182.000 dei quali laureati, ma in generale con un livello di istruzione medio-alto. Un’emorragia costante negli ultimi dieci anni quella degli italiani che scelgono di trasferirsi all’estero a fronte della quale, nel 2018, fa da contraltare anche il calo dell’immigrazione, soprattutto dai Paesi africani, che fa segnare un meno 17 per cento. (...) Insomma, un Paese che dice ai suoi giovani: non conta l’impegno, non contano le doti, non c’è spazio per il merito, purtroppo sei nato nella famiglia sbagliata. Sono tra i FridaysforFuture e sono tra le Sardine, sono un capitale umano che l’Italia forma ma su cui non investe. «O il Paese si dà una scossa adesso o diversamente invece di scegliere per chi votare dovranno solo scegliere dove andare».
Alessandra Ziniti, Repubblica (17/12/2019)
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