La Cina è il più grande consumatore di carne suina al mondo. Naturalmente, gioco forza, è anche il più grande produttore dell'alimento.
Nei mesi scorsi, nel paese che ospita la metà dei maiali presenti sulla terra, è arrivata la PSA, ossia la tragica peste suina africana, altamente contagiosa e spesso letale per suini e cinghiali.
Non esistono vaccini per debellare la malattia e, quindi, l'intera catena produttiva è a rischio, l'industria alimentare cinese è in tilt e tutto ciò avrà sicuramente un impatto significativo sui mercati mondiali di carne e mangimi. Situazione complessa anche perché la riduzione dei suini in Cina comporterà anche una consequenziale minore domanda di mangimi, in particolare modo della soia che rappresenta il vero nutrimento per i suini cinesi.
La guerra dei dazi di Trump ha fatto il resto e la Cina, che nonostante tutto continua ad avere indispensabile bisogno di soia, ha trovato il giusto accordo con il nuovo Brasile di Jari Bolsonaro.
Maicol Mercoriali, su Italia Oggi, evidenzia come il paese sud americano sia diventato strategico per Pechino e a farne le conseguenze è l'Amazzonia, ossia il più grande (e forse l'ultimo) polmone della terra: "la deforestazione sta subendo un'accelerazione: la Reuters ha riferito che dalle immagini satellitari risulta un rapido aumento della riduzione della foresta pluviale amazzonica durante il mese di maggio.
La deforestazione non è una novità: negli anni il fenomeno è stato altalenante, in alcuni momenti più veloce e in altri un po' più a rilento, indipendentemente da chi fosse in carica. Ma da quando Jari Bolsonaro è diventato presidente si è notata un'accelerazione, anche perché l'Agenzia per la protezione ambientale è stata eliminata dal nuovo presidente e le competenze sono finite in capo al ministero dell'agricoltura che, come fa notare Forbes, è fortemente influenzato dalle lobby brasiliane, tra cui quella della soia. E per la soia brasiliana la Cina è tutto. (...) Insomma, il destino dell'Amazzonia dipende dalla Cina: gli importatori cinesi non sono molto sensibili alle problematiche ambientali, gli istituti di credito orientali finanziano senza grossi problemi gli operatori del settore e, Bolsonaro o non Bolsonaro, tutto questo offre agli agricoltori un incentivo alla deforestazione. Come ricorda uno dei portavoce di Greenpeace in Brasile, Marcio Astrini, il governo non ha certo a cuore le tematiche ambientali e ha ridotto le misure previste per difendere il polmone verde del mondo. La domanda cinese di soia è prevista in aumento, così come quella di merci dall'alto impatto sulle foreste, come la carta e la polpa di legno. Per l'Amazzonia non proprio una buona notizia".
Nei mesi scorsi, nel paese che ospita la metà dei maiali presenti sulla terra, è arrivata la PSA, ossia la tragica peste suina africana, altamente contagiosa e spesso letale per suini e cinghiali.
Non esistono vaccini per debellare la malattia e, quindi, l'intera catena produttiva è a rischio, l'industria alimentare cinese è in tilt e tutto ciò avrà sicuramente un impatto significativo sui mercati mondiali di carne e mangimi. Situazione complessa anche perché la riduzione dei suini in Cina comporterà anche una consequenziale minore domanda di mangimi, in particolare modo della soia che rappresenta il vero nutrimento per i suini cinesi.
La guerra dei dazi di Trump ha fatto il resto e la Cina, che nonostante tutto continua ad avere indispensabile bisogno di soia, ha trovato il giusto accordo con il nuovo Brasile di Jari Bolsonaro.
Maicol Mercoriali, su Italia Oggi, evidenzia come il paese sud americano sia diventato strategico per Pechino e a farne le conseguenze è l'Amazzonia, ossia il più grande (e forse l'ultimo) polmone della terra: "la deforestazione sta subendo un'accelerazione: la Reuters ha riferito che dalle immagini satellitari risulta un rapido aumento della riduzione della foresta pluviale amazzonica durante il mese di maggio.
La deforestazione non è una novità: negli anni il fenomeno è stato altalenante, in alcuni momenti più veloce e in altri un po' più a rilento, indipendentemente da chi fosse in carica. Ma da quando Jari Bolsonaro è diventato presidente si è notata un'accelerazione, anche perché l'Agenzia per la protezione ambientale è stata eliminata dal nuovo presidente e le competenze sono finite in capo al ministero dell'agricoltura che, come fa notare Forbes, è fortemente influenzato dalle lobby brasiliane, tra cui quella della soia. E per la soia brasiliana la Cina è tutto. (...) Insomma, il destino dell'Amazzonia dipende dalla Cina: gli importatori cinesi non sono molto sensibili alle problematiche ambientali, gli istituti di credito orientali finanziano senza grossi problemi gli operatori del settore e, Bolsonaro o non Bolsonaro, tutto questo offre agli agricoltori un incentivo alla deforestazione. Come ricorda uno dei portavoce di Greenpeace in Brasile, Marcio Astrini, il governo non ha certo a cuore le tematiche ambientali e ha ridotto le misure previste per difendere il polmone verde del mondo. La domanda cinese di soia è prevista in aumento, così come quella di merci dall'alto impatto sulle foreste, come la carta e la polpa di legno. Per l'Amazzonia non proprio una buona notizia".
Canzone del giorno: Salesman (1985) - Stan Ridgway
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