L’uomo
della ruspa sta spianando i grillini perché lui è smaliziato e loro invece alle
prime armi, perché la Lega in ascesa ricatta i Cinque Stelle in picchiata, perché
Salvini volendo avrebbe un’alleanza di ricambio. Di motivi che spiegano questa disparità
di muscoli ce ne sarebbero tanti: per esempio il Capitano, come lo esaltano i
suoi, ha dietro di sé una falange macedone che gli obbedisce senza un fiato,
laddove il partito dell’altro vicepremier è in piena crisi di nervi, al punto che
qualcuno si spinge a temere scissioni. Ma la vera ragione per cui Salvini in questa
fase sembra Superman, al confronto con Di Maio, è che dalla sua parte sta
spingendo la realtà delle cose. Sono i problemi a imporre nel governo le
soluzioni, magari basate sul puro buonsenso. E chi si schiera dalla parte della
ragionevolezza finisce di solito per prevalere su quanti le remano contro.
Basta guardare a quanto sta accadendo sulla Tav. (…) I grillini sono sotto
schiaffo, sulla Tav e
sul resto, non solo in quanto vessati da Salvini ma perché molti tra loro
rifiutano di guardarsi intorno, di riconoscere che l’economia frena, le imprese
sono allo stremo, le casse dello Stato sempre più vuote, la crisi finanziaria è
niente affatto scongiurata. Incombe, sebbene la neghino ufficialmente, una
manovra correttiva dovuta
alla recessione, e un’altra lacrime e sangue per impedire gli aumenti dell’Iva.
Sta rialzando la testa perfino l’inflazione. L’ultimo degli errori
consisterebbe nel dare oggi l’idea di un paese bloccato, dove una parte
politica si mette di traverso e condanna l’Italia alla decrescita. La vera
forza di Salvini sta nel rifiuto di accettare questa logica regressiva. E molti
indizi fanno pensare che, in futuro, la asseconderà sempre meno. Il suo
protagonismo,ammette chi gli sta vicino, è destinato a crescere. Non per un
personale progetto egemonico sui Cinque
Stelle, ma per evitare di finire a fondo insieme a loro. Il leader leghista ha
capito che la sua scommessa è in bilico, si sta giocando tutto sull’economia.
Se non si mette al timone, la nave gialloverde rischia di finire sugli scogli.
E tutto Matteo vuol essere, tranne che un nuovo Schettino.
Ugo
Magri, La Stampa (2/3/2019)
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