Foto by Giuseppe Raia |
Il gol più bello, l’altra sera, Cristiano Ronaldo lo ha segnato durante l’intervallo, quando si spostava da un compagno all’altro per incitarli tutti, ciascuno con una parola o un gesto che sembrassero creati apposta per lui. Così si comportano i capi. Pensano prima alla squadra e poi a loro stessi, pur sapendo che sarà a loro, e non alla squadra, che verrà intestata la vittoria o imputata la sconfitta. C’è anche un sottile egoismo in questo atteggiamento: il modo migliore per togliersi la pressione di dosso è alleviare quella altrui. Persino il gestaccio esecrabile con cui CR7 ha risposto a quello compiuto all’andata dall’allenatore rivale nasceva dall’impulso di caricarsi sulle spalle il sentimento di rivalsa di una comunità intera. Uno sbaglio, ma uno sbaglio da leader. Ronaldo è stato a lungo il secondo giocatore più forte del mondo, dietro il solipsista Messi. Ora il più forte è lui, e l’impresa senza precedenti è che ha effettuato il sorpasso a fine carriera. A dimostrazione che il carattere funziona da moltiplicatore del talento e l’autodisciplina da moltiplicatore di entrambi.
Quanti Ronaldo ci sono su piazza? Nella politica dei narcisi, ben pochi. Nelle imprese e nelle professioni, qualcuno di più. Riguardo all’assumersi responsabilità in famiglia, ciascuno può parlare per la sua. Diventi CR7 quando, alla vigilia di un affare decisivo, passi la serata a ricordare alle persone con cui dividi la vita che nessuna è più importante di loro, per te. Vasto programma.
Massimo Gramellini - Il Caffè (Corriere della Sera - 14/3/2019)
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