Oggi la minoranza degli italiani è favorevole all’accoglienza. Cosa ha influito di più sulla crescita dell’intolleranza verso i cittadini stranieri?
«L’opinione pubblica è stata particolarmente colpita dagli ultimi anni, precedenti alla gestione del Viminale da parte del ministro dell’Interno, Marco Minniti, durante i quali gli sbarchi sulle nostre coste aumentavano e cresceva nelle città il numero di migranti che restava inattivo, in attesa dello status di rifugiato, senza nulla da fare, in giro per le strade e le piazze. Insomma, sulla percezione del fenomeno molto è stato dovuto all’inefficienza della macchina statale dell’accoglienza e ai tempi davvero troppo lunghi necessari per la definizione delle richieste di asilo. Ma non è certo solo questo ad aver fatto effetto».
Cos’altro ha inciso negativamente?
«Il flop delle espulsioni. Nel corso degli anni infatti è calato il numero di irregolari rintracciati sul territorio nazionale dalla polizia. E quello che conta ancora di più è che tra questi migranti identificati senza documenti è diminuita costantemente la percentuale di quelli poi effettivamente rimpatriati. Su questo fronte, cioè quello dei controlli interni al Paese, da parte dei governi passati si è registrato un crescente disinteresse».
Qual è ora l’effetto delle politiche e della comunicazione del leader della Lega, Matteo Salvini?
«L’impressione è che prima da parte della maggioranza della popolazione italiana c’era un maggiore autocontrollo. Per moltissime persone essere considerati razzisti era vista come una grave offesa. Registro ora un cambiamento culturale. Con il nuovo governo e soprattutto col ministro dell’Interno in carica si assiste infatti a un mutamento di clima, che giustifica certi atteggiamenti ostili».
Marzio Barbagli, professore emerito di sociologia a Bologna (intervista di Vladimiro Polchi - Repubblica del 10/11/2018)
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