Ha sbagliato dunque Sergio
Marchionne a non avvisare Fca della sua grave e non improvvisa malattia, un
atto di sincerità che avrebbe consentito al gruppo di ragionare anche con lui
su una successione non traumatica? Da amministratore delegato sì, perché così
avrebbero suggerito il mondo dei numeri, della finanza e dei profitti, le
regole dettate dagli organismi di vigilanza dei mercati italiani e americani.
Ma anche il rapporto non solo professionale che lo legava con il
presidente John Elkann, tenuto all’oscuro fino agli ultimi giorni,
costretto a decidere un cambio così importante e decisivo per il futuro nello
spazio di ventiquattro ore, dopo aver saputo dai famigliari di Marchionne
semplicemente che «Sergio non sarebbe più potuto tornare a lavorare».
Ma ci sono i doveri del manager e il sangue caldo della vita vissuta a mille all’ora che si mischiavano e scorrevano nelle vene di un uomo che da tempo sapeva di essere malato, di essere entrato in un universo parallelo dove spesso gli oggetti e i pensieri cambiano forma e rilevanza. (…) …il metodo Marchionne, non presunzione e nemmeno un atto inelegante nei confronti di una famiglia e di una storia industriale che quasi quindici anni fa si erano affidati a lui per sopravvivere storicamente. Era anch’egli un sopravvissuto e sperava di sopravvivere anche questa volta. Chissà, forse ne era convinto e ripeteva a se stesso che le cose non stavano andando bene, ma neppure così male. Sotto il maglione questa volta c’erano solo l’uomo e la sua voglia di vivere. Poi è arrivata una lieve imprecisione nel corpo misterioso e fragilissimo che è quello di noi umani, e nulla più è stato ciò che avrebbe dovuto essere.
Ma ci sono i doveri del manager e il sangue caldo della vita vissuta a mille all’ora che si mischiavano e scorrevano nelle vene di un uomo che da tempo sapeva di essere malato, di essere entrato in un universo parallelo dove spesso gli oggetti e i pensieri cambiano forma e rilevanza. (…) …il metodo Marchionne, non presunzione e nemmeno un atto inelegante nei confronti di una famiglia e di una storia industriale che quasi quindici anni fa si erano affidati a lui per sopravvivere storicamente. Era anch’egli un sopravvissuto e sperava di sopravvivere anche questa volta. Chissà, forse ne era convinto e ripeteva a se stesso che le cose non stavano andando bene, ma neppure così male. Sotto il maglione questa volta c’erano solo l’uomo e la sua voglia di vivere. Poi è arrivata una lieve imprecisione nel corpo misterioso e fragilissimo che è quello di noi umani, e nulla più è stato ciò che avrebbe dovuto essere.
Dario Cresto-Dina, Repubblica
(28/7/2018)
Canzone del giorno: Traveling Alone (2013) - Jason Isbell
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