Il prosciutto è una squisitezza. Peccato che, come rivela un rapporto della Ong ambientalista “Terra!”, la filiera nazionale del prosciutto sia del tutto insostenibile dal punto di vista ambientale. Anzi: va considerata una vera e propria bomba ecologica. Basti pensare che i 12 milioni di maiali macellati ogni anno nel nostro Paese - la gran parte impiegati per produrre Parma e San Daniele, i cui disciplinari prevedono che gli animali siano nati, allevati e macellati in Italia - producono annualmente una quantità spaventosa di escrementi: ben 11,5 milioni di tonnellate l'anno, quasi tutte smaltite in modo inquinante, ovvero sparse sui campi mettendo in pericolo le falde acquifere.
È come se ci fosse una popolazione aggiuntiva di 25,5 milioni di persone non collegate alla rete fognaria. Ma questa è solo una delle molte inquietanti rivelazioni del rapporto "Prosciutto Nudo", che mette nel mirino le conseguenze dell'allevamento industriale intensivo, una tecnica inventa negli Stati Uniti negli anni '70 e che ormai ha dilagato nel mondo. (...) Per produrre un chilo di prosciutto servono 4 chili di cereali, 6.000 litri d'acqua, 1,4 mg di antibiotici. Con il sottoprodotto di 11 chili di feci e 12 chili di emissioni di CO2. Che fare? "Terra!" propone di ridurre drasticamente il consumo di carne. "Intanto - spiega il direttore Fabio Ciconte - bisogna dare ai consumatori un'etichetta trasparente, che riveli la provenienza da allevamento intensivo e gli impatti associati. Contribuendo così a rompere quella distanza cognitiva che si è venuta a creare tra la carne che consumiamo e l'animale da cui proviene ". E poi, tornare agli allevamenti tradizionali all'aperto, oggi per fortuna in ripresa, come quelli della Cinta Senese o della Mora Romagnola. Ma noi consumatori capiremo che di prosciutto sostenibile ce ne sarà poco e costerà caro?.
Roberto Giovannini, La Stampa (19/4/2018)
È come se ci fosse una popolazione aggiuntiva di 25,5 milioni di persone non collegate alla rete fognaria. Ma questa è solo una delle molte inquietanti rivelazioni del rapporto "Prosciutto Nudo", che mette nel mirino le conseguenze dell'allevamento industriale intensivo, una tecnica inventa negli Stati Uniti negli anni '70 e che ormai ha dilagato nel mondo. (...) Per produrre un chilo di prosciutto servono 4 chili di cereali, 6.000 litri d'acqua, 1,4 mg di antibiotici. Con il sottoprodotto di 11 chili di feci e 12 chili di emissioni di CO2. Che fare? "Terra!" propone di ridurre drasticamente il consumo di carne. "Intanto - spiega il direttore Fabio Ciconte - bisogna dare ai consumatori un'etichetta trasparente, che riveli la provenienza da allevamento intensivo e gli impatti associati. Contribuendo così a rompere quella distanza cognitiva che si è venuta a creare tra la carne che consumiamo e l'animale da cui proviene ". E poi, tornare agli allevamenti tradizionali all'aperto, oggi per fortuna in ripresa, come quelli della Cinta Senese o della Mora Romagnola. Ma noi consumatori capiremo che di prosciutto sostenibile ce ne sarà poco e costerà caro?.
Roberto Giovannini, La Stampa (19/4/2018)
Canzone del giorno: Animals (2012) - Muse
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