Che gli impianti a carbone siano destinati a
sparire nel corso dei prossimi anni è risaputo. L’accelerazione di una loro
dismissione consentirebbe una lotta più efficace contro i cambiamenti climatici
attraverso l’applicazione di piani energetici basati su tecnologie più pulite.
Ferma restando la sacrosanta battaglia contro l’inquinamento,
fa un certo effetto leggere la notizia che in Gran Bretagna chiude i battenti l’ultima
miniera di carbone.
È proprio la fine di un’era e di un’industria
millenaria come scrive Nicol Degli Innocenti, su Il Sole 24 Ore: “Il carbone veniva
estratto nel Nord dell’Inghilterra da prima dell’invasione romana, ma il
settore era decollato nell’Ottocento, alimentando la Rivoluzione industriale e
permettendo alla Gran Bretagna di diventare uno dei Paesi più ricchi e potenti
del mondo. All’inizio del Ventesimo secolo c’erano tremila miniere sotterranee
di carbone, che davano lavoro a oltre un milione di persone. Alla fine della 2°
Guerra mondiale erano scese a mille, ma il carbone estratto generava ancora la
maggior parte dell’elettricità nel Paese. Dagli anni Cinquanta in poi il
Governo conservatore avviò un programma sistematico di chiusure per
ridurre la dipendenza dal carbone, scontrandosi con la forte opposizione del
sindacato dei minatori”.
L’era del carbone giunge al termine. Le ultime squadre di minatori rappresentano tutte quelle generazioni che, per secoli, hanno lavorato metri e metri sottoterra. Chi ha avuto modo di vedere al cinema il bel film Pride di Matthew Warchus, può riuscire meglio a contestualizzare le lotte dei minatori negli anni ’80 e il ruolo delle miniere di carbone nel Regno Unito: “Nel 1984 Margaret Thatcher decise di annientare quello che riteneva lo strapotere della National Union of Mineworkers. Lunghi scioperi, scontri violenti e manifestazioni non servirono a piegare la Lady di ferro, che riuscì nell’intento di indebolire il sindacato e mettere in ginocchio il settore estrattivo. Quegli scontri, entrati nella mitologia nazionale britannica, sono anche al centro di film memorabili come Brassed Off (Grazie signora Thatcher) del 1996, protagonista un’improbabile banda musicale di minatori, e il più recente Pride, dello scorso anno, basato su una storia vera di attivisti per i diritti gay che raccolsero fondi per i minatori durante gli scioperi del 1984”.
L’era del carbone giunge al termine. Le ultime squadre di minatori rappresentano tutte quelle generazioni che, per secoli, hanno lavorato metri e metri sottoterra. Chi ha avuto modo di vedere al cinema il bel film Pride di Matthew Warchus, può riuscire meglio a contestualizzare le lotte dei minatori negli anni ’80 e il ruolo delle miniere di carbone nel Regno Unito: “Nel 1984 Margaret Thatcher decise di annientare quello che riteneva lo strapotere della National Union of Mineworkers. Lunghi scioperi, scontri violenti e manifestazioni non servirono a piegare la Lady di ferro, che riuscì nell’intento di indebolire il sindacato e mettere in ginocchio il settore estrattivo. Quegli scontri, entrati nella mitologia nazionale britannica, sono anche al centro di film memorabili come Brassed Off (Grazie signora Thatcher) del 1996, protagonista un’improbabile banda musicale di minatori, e il più recente Pride, dello scorso anno, basato su una storia vera di attivisti per i diritti gay che raccolsero fondi per i minatori durante gli scioperi del 1984”.
Oggi è tutto cambiato. Le miniere non ci sono
più e l’ultima rimasta aperta, la Kellington Colliery (“The Big K” come da
sempre viene chiamata) va anch’essa in pensione e mette la parola fine all’industri
carbonifera inglese: “Il carbone, sempre più demonizzato perché inquinante, è stato gradualmente
sostituito e il Governo ha da poco annunciato che dal 2025 lo abbandonerà
del tutto nella generazione elettrica. Il colpo finale al settore è stato il
crollo del prezzo, che ha reso le miniere inglesi troppo costose. Nel prossimo
decennio Londra importerà da Paesi come Russia e Colombia”.