Federico Fubini parla
dello scandalo della Volkswagen tracciando una similitudine con il fallimento,
nel 2008, di Lehman Brothers. Sul Corriere della Sera del 24 settembre scorso,
il giornalista si spinge a ritenere il caso della casa automobilistica tedesca
come la “Lehman d’Europa” tenuto conto degli ambigui rapporti tra controllori e
società controllate.
Per spiegarci il
suggestivo parallelo, Fubini parte dalla famosa teoria di Nassim Nicholas
Taleb: "Un «cigno nero» è un evento improvviso, casuale e devastante.
Senonché si scopre sempre dopo che quella catastrofe non era solo un caso
estremo di sfortuna, un fatto
semplicemente imponderabile, ma il risultato di
una serie di azioni di cui nessuno aveva mai tirato le somme. La nascita di un
cigno nero in un certo momento è impossibile da prevedere, ma ogni diecimila
cigni è certo che uno nero arriverà.
Ogni dieci anni di operazioni irresponsabili di Walla Street una crisi finanziaria esploderà. E ogni undici milioni di Volkswagen vendute sulla base di una frode sulle emissioni inquinanti, presto o tardi qualcuno scoprirà l’inganno che ora minaccia il secondo costruttore mondiale di auto. Le somiglianze tra la crisi dei subprime del 2007-2008 e Lehman Brothers e lo scandalo Volkswagen sono impressionanti. In entrambi i casi, i controlli sulla qualità del prodotto sono affidati a società pagate dal produttore stesso: nel caso dei subprime americani, le agenzie di rating arruolate dalle banche perché rassicurassero sull’affidabilità di quei titoli; nel caso Volkswagen, le aziende finanziate dal costruttore stesso perché certificassero che quei motori sono puliti.
In entrambi i casi colpisce anche lo squilibrio fra i regolatori pubblici e le aziende regolate. Nelle banche come nell’auto, i guadagni dei manager sono un multiplo di quelli dei funzionari che dovrebbero controllarli ma spesso sperano solo di essere assunti da loro. E per Wall Street come per Volkswagen, la conoscenza di tecnologie molto complesse gioca a favore delle imprese su chi dovrebbe controllarle: le aziende sanno tutto perché hanno creato loro quei prodotti, titoli strutturati o motori diesel, i controllori invece devono decostruirli e interpretarli da zero”.
Ogni dieci anni di operazioni irresponsabili di Walla Street una crisi finanziaria esploderà. E ogni undici milioni di Volkswagen vendute sulla base di una frode sulle emissioni inquinanti, presto o tardi qualcuno scoprirà l’inganno che ora minaccia il secondo costruttore mondiale di auto. Le somiglianze tra la crisi dei subprime del 2007-2008 e Lehman Brothers e lo scandalo Volkswagen sono impressionanti. In entrambi i casi, i controlli sulla qualità del prodotto sono affidati a società pagate dal produttore stesso: nel caso dei subprime americani, le agenzie di rating arruolate dalle banche perché rassicurassero sull’affidabilità di quei titoli; nel caso Volkswagen, le aziende finanziate dal costruttore stesso perché certificassero che quei motori sono puliti.
In entrambi i casi colpisce anche lo squilibrio fra i regolatori pubblici e le aziende regolate. Nelle banche come nell’auto, i guadagni dei manager sono un multiplo di quelli dei funzionari che dovrebbero controllarli ma spesso sperano solo di essere assunti da loro. E per Wall Street come per Volkswagen, la conoscenza di tecnologie molto complesse gioca a favore delle imprese su chi dovrebbe controllarle: le aziende sanno tutto perché hanno creato loro quei prodotti, titoli strutturati o motori diesel, i controllori invece devono decostruirli e interpretarli da zero”.
A tutto ciò si aggiungono i pericolosi intrecci e i conflitti d’interesse
con il potere politico. Negli Stati Uniti la Federal Reserve di New York, oggi
l’atteggiamento del governo tedesco con la Merkel che seppur già informata di
avere un grosso problema in casa propria, ha sperato di disinnescarlo in
silenzio prima che esplodesse: “Ora è tardi: il cigno nero è di nuovo fra noi.
E le somiglianze fra la crisi americana e quella tedesca rischiano di
riconfermarsi. Nel 2008 il governo americano giunse alla conclusione
che le banche di Wall Street erano «too big to fail», troppo grandi perché
potessero essere lasciate fallire: l’impatto sull’economia degli Stati Uniti sarebbe
stato devastante. Nascono così le
operazioni che porteranno in pochi mesi al
salvataggio pubblico di un gran numero di gruppi finanziari negli Stati
Uniti.
La vicenda tedesca potrebbe rivelarsi simile. Volkswagen realizza vendite per
oltre 200 miliardi di euro l’anno, è il più grande investitore al mondo in
ricerca e sviluppo, assicura in Germania 600 mila posti di lavoro diretti
(più milioni di posti indiretti). Il settore auto pesa per 300 miliardi di
euro di esportazioni, la prima voce del made in Germany. Anche Volkswagen è
«too big to fail», dunque il governo tedesco interverrà per salvarla:
ma lo farà violando e forse demolendo le regole europee sugli aiuti di Stato,
quelle che avevano rimesso un minimo d’ordine nel rapporto fra politica e
imprese in Italia.
Ogni cigno nero è il punto d’arrivo di una serie di azioni a monte. Ma a volte può creare anche conseguenze a valle”.
Ogni cigno nero è il punto d’arrivo di una serie di azioni a monte. Ma a volte può creare anche conseguenze a valle”.