Beppe
Severgnini l’ha definita una vera e propria malattia degenerativa e ha coniato
il termine “illegalità
«light»” per renderci più facile la comprensione di un morbo che
coinvolge grande parte della popolazione.
Il giornalista ci ricorda
come alcune condotte, che è giusto definire “patologiche”, finiscano per essere
considerate “fisiologiche” dai più.
Il classico esempio è il
dilagare, nel nostro paese, degli automobilisti che durante la guida della loro
auto si distraggono telefonando o inviando sms : “è la trasformazione dell’incoscienza in consuetudine che dovrebbe
preoccuparci. Gli incidenti dovuti a «distrazione del guidatore» sono aumentati
in modo esponenziale. E distrazione non è l’automobilista che osserva le
anatre in volo o la minigonna seduta al suo fianco. Distrazione, oggi, vuol
dire una cosa sola: telefoni, e ciò che sono diventati. Perché aspettare a
controllare WhatsApp? Perché non mandare quel messaggio? Perché non cercare
tra i contatti quel nome? Tanto, bastano pochi secondi! Ma in pochi secondi
un’auto percorre molti metri, nei quali possono esserci pedoni, ciclisti, altre
auto”.
Il rispetto del codice
della strada in tutte le sue regole è un atto di responsabilità cui ci si
sottrae e, spesso, le forze dell’ordine ignorano il fenomeno: “E l’impunità rinforza l’abitudine.
Comportamenti patologici finiscono per essere considerati fisiologici. È lo
stesso meccanismo di altre tristi vicende italiane. I protagonisti perdono la
percezione di ciò che stanno facendo. Ma cosa volete che sia! Corruzione? Ma
suvvia! Per una vacanza, un orologio, mille bottiglie di vino!
L’illegalità light, per dirla in milanese moderno, segna la nostra convivenza. Talvolta è legittima difesa, di fronte a nome bislacche: ci sono città dove i ciclisti hanno continuato a percorrere le vie del centro ignorando il nuovo senso vietato, finché l’amministrazione s’è arresa. Più spesso, è sciatteria senza senso”.
Più che un problema di
tollerabilità ci si trova dinanzi a una forma di nostra insensibilità nel
percepire il senso del pericolo. Superficialità, faciloneria, strafottenza….”Illegalità
«light»”, appunto.L’illegalità light, per dirla in milanese moderno, segna la nostra convivenza. Talvolta è legittima difesa, di fronte a nome bislacche: ci sono città dove i ciclisti hanno continuato a percorrere le vie del centro ignorando il nuovo senso vietato, finché l’amministrazione s’è arresa. Più spesso, è sciatteria senza senso”.
Canzone del giorno: Dangerous (1991) - The Doobie Brothers
Colpiti dal morbo dell’illegalità «light»
Corriere della sera 2/4/2015 Beppe Severgnini
"Dannazione!, per dirla alla Tex Willer. Anche oggi ho rischiato un incidente per un tipo che, in
tangenziale a Monza, ondeggiava a cavallo della mezzeria accelerando e frenando senza motivo. Lo affianco e vedo che sta messaggiando. Maledetto! Gli suono, lo supero e dallo specchietto vedo che mi porge gentilmente il dito medio. Ogni santissimo giorno trovo questi deficienti sulla mia strada...». Così scrive Stefano Sala (docstefano68@live.com).
Storie quotidiane, direte. Appunto: è la trasformazione dell’incoscienza in consuetudine che dovrebbe preoccuparci. Gli incidenti dovuti a «distrazione del guidatore» sono aumentati in modo esponenziale. E distrazione non è l’automobilista che osserva le anatre in volo o la minigonna seduta al suo fianco. Distrazione, oggi, vuol dire una cosa sola: telefoni, e ciò che sono diventati. Perché aspettare a controllare WhatsApp? Perché non mandare quel messaggio? Perché non cercare tra i contatti quel nome? Tanto, bastano pochi secondi! Ma in pochi secondi un’auto percorre molti metri, nei quali possono esserci pedoni, ciclisti, altre auto.
Polizia municipale, polizia stradale e carabinieri hanno deciso, chissà perché, di ignorare il fenomeno. E l’impunità rinforza l’abitudine. Comportamenti patologici finiscono per essere considerati fisiologici. È lo stesso meccanismo di altre tristi vicende italiane. I protagonisti perdono la percezione di ciò che stanno facendo. Ma cosa volete che sia! Corruzione? Ma suvvia! Per una vacanza, un orologio, mille bottiglie di vino!
L’illegalità light, per dirla in milanese moderno, segna la nostra convivenza. Talvolta è legittima difesa, di fronte a nome bislacche: ci sono città dove i ciclisti hanno continuato a percorrere le vie del centro ignorando il nuovo senso vietato, finché l’amministrazione s’è arresa. Più spesso, è sciatteria senza senso. A proposito: avete notato che le luci sulle biciclette sono un optional? A Milano non le accendono otto ciclisti su dieci. Ho girato l’Italia, in questi mesi, e ho notato che è così ovunque: Modena e Torino, Cagliari e Vicenza, Firenze e Pavia. Spesso non è montato neppure un fanale. Il problema è che, nel buio, le bici non si vedono; e rischiano d’essere travolte. Nessuno pretende che i ciclisti pedalino travestiti da alberi di Natale, come accade in Nordeuropa. Ma girare a fanali spenti, o senza fanale, è vietato. E posso aggiungerlo? Molto poco furbo.