Sul quotidiano l’Avvenire,
Marina Corradi scrive sulla
sparatoria avvenuta a Milano giovedì scorso: “Volevo
vendicarmi, ha detto Claudio Giardiello ai carabinieri che lo hanno preso
infine con la pistola in tasca, e un colpo ancora in canna. Vendicarsi, di che?
L'assassino del Palazzo di Giustizia ha dietro di sé una costellazione di
fallimenti, uno in fila all'altro, come se ogni cosa che toccava si sfasciasse;
un'accusa di bancarotta, parecchi guai col fisco, l'abitudine ai bei vestiti e
la passione per l'azzardo, e, sempre, problemi di soldi: che ora gli scorrevano
in tasca abbondanti, ora, come gli ultimi tempi, gli erano svaporati fra le
mani, e anzi erano solo debiti, debiti, e per milioni. (…) L'imprenditore
fallito covava dentro una rabbia esplosiva, che almeno per qualche verso
ricorda il co-pilota Lubits. Anche lui, a torto o a ragione, si sentiva un
fallito, perché non sarebbe diventato il pilota delle rotte oceaniche che aveva
sognato. Anche lui, nel suo presunto fallimento, si è follemente vendicato, e
con una strage di estranei innocenti”.
L’interessante articolo ha come titolo “Il giudizio incosciente” e invita a riflettere sul concetto di
vendetta ai giorni nostri e come sia divenuto facile (quasi istintivo) prendersela
sempre contro gli altri, sui quali puntare il proprio indice: “È, sempre, colpa di altri. La tragedia di
Milano pare quella di un uomo che non ha mai saputo dire: mi dispiace, ho
sbagliato. Un'abitudine, quella di sapersi guardare e riconoscere colpevoli,
che è alla base della pedagogia cristiana, ma da decenni è dimenticata. Tutto
può fare l'uomo che oggi ci viene proposto a modello, e non ha mai bisogno di
farsi perdonare. Di modo che, quando gli errori comunque lo conducono a
fallimento personale, ci deve essere pure qualcuno da accusare. E giudicare.
Gli altri, ecco: agli "altri", si deve farla pagare”.
Nei casi estremi la sete di vendetta si traduce in strage e ci si
concentra, probabilmente più del dovuto, sulla falla del sistema di sicurezza
all’ingresso del tribunale, ma la fragilità psichica dell’uomo contemporaneo
non rafforza soltanto intensificando controlli e utilizzando più telecamere: “E allora dobbiamo forse riconoscerci, sotto
a tutti gli occhi elettronici che ci sorvegliano, più fragili? Sì, più fragili,
dentro una falsa onnipotenza coltivata, a una coscienza smemorata, a legami
forti smarriti. (…) E aumenteremo metal detector, e telecamere, che spieranno
giorno e notte le nostre strade. Ma non sapranno mai cosa c'è nei pensieri
degli uomini che passano, in giacca e cravatta magari, eleganti, e
rispettabili. Nemmeno mille telecamere bastano, per vedere nel cuore di un uomo”.
Canzone del giorno: Oh My Heart (2011) - R.E.M.
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