"Da un particolare punto di vista, quando Barack
Obama ha spiegato ha spiegato l'apertura a Cuba con la frase «Todos
simos americanos» ha fatto come Laura Pausini, quando ha ricordato alla sua
platea peruviana «Yo la tengo come todas». Non perché abbiano parlato in
spagnolo, che per nessuno dei due è lingua madre; ma perché hanno detto
un'ovvietà. Certo c'è il presidente e il popolo statunitense sono americani
come i cubani; certo che la cantante romagnola non ha anatomia differente da
ogni altra donna. Chi si sarebbe mai sognato di metterlo in dubbio? Eppure
esistono circostanze speciali, come sanno Obama e Pausini, in cui le ovvietà
appaiono, al contrario, piene di significato. Si può arrivare persino alla
tautologia vera e propria, come in due casi, ognuno a suo modo, storici: «perché
Sanremo è Sanremo», «competition is competition» (la battuta con cui Romano
Prodi sfidò con il suo "Asinello" i suoi alleati Ds). Ma come è
possibile che frasi del genere abbiano senso, e anzi possono suonare, come
l'ultima, a provocazione? Da un punto di vista strettamente logico, infatti, si
tratta di locuzioni vuote. Ma la logica spiega le faccende umane solo in parte,
una parte che oltretutto pare in via di riduzione. Possiamo ipotizzare che a
volte le passioni della massa (per esempio, l'odio reciproco fra parti di
popoli; il fanatismo morboso di un pubblico di un concerto;
la faziosità politica) spingano il senso comune tanto lontano dal buon senso
che, a quel punto, anche un'ovvietà può diventare un principio morale. Siamo
tutti americani, non sono fatta diversamente dalle altre donne, chi partecipa
ad una gara elettorale vuole vincerla. C'è bisogno di dirlo? A volte sì. Basti
pensare che una delle frasi che più ha fatto sognare E sospirare generazioni di
cinespettatori è a sua volta la più clamorosa delle ovvietà: «Domani è un altro
giorno». Chi l'avrebbe mai detto?".
Stefano Bartezzagli (Come dire - L'Espresso 22/1/2015)
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