Embargo russo con una serie
di misure protezionistiche che ostacolano le importazioni agricole dai paesi
occidentali. La crisi in Ucraina
continua a creare contraccolpi internazionali. L’Unione europea ha inasprito le
sanzioni a carico della Russia e, come risposta, Putin & C. hanno deciso di
giocare la carta del blocco delle frontiere ai cibi europei e americani.
La prima alleata
commerciale della Russia è la Germania.
Nel corso del 2013, l’Italia
ha esportato in direzione di Mosca merci per un totale di 10 miliardi di euro
circa.
Scambi a rischio che
possono veramente far male agli imprenditori che esportano in Russia. Pesche
nettarine e mele Granny Smith potrebbero restare sugli alberi: senza domanda la
raccolta diviene soltanto un costo per il produttore. Tir che iniziano a restare fermi senza niente da caricare e situazione dalle conseguenze devastanti
per molti.
Rappresaglia commerciale di
Putin nonostante la Russia importi dall’Unione Europea almeno il 30 per cento
dei cibi che i cittadini ingeriscono.
Chi vince? Chi perde?
Difficile da dirsi. Di sicuro, al momento, i prezzi dei beni alimentari in
vendita in Russia tenderanno ad aumentare (dal 5 al 15 per cento, si presume) e
alcuni cibi saranno introvabili nei supermercati.
Dalle nostre parti il
prezzo di frutta e vegetali vari (già in calo da alcuni mesi) potrebbero
ulteriormente abbassarsi e sono tanti gli imprenditori (non soltanto del
comparto agro-alimentare) che potrebbero risentire gravemente del blocco.
Un’inchiesta del Sole 24
Ore evidenzia che “Il persistente indebolimento dell'economia russa non è solo un effetto
delle sanzioni. Gravano, altrettanto e più, la mancata introduzione di riforme
strutturali e il calo dei margini di profitto nell'industria. Sin dalla guerra
con la Georgia, nel 2008, Putin ha posto le riforme in secondo piano, pensando
di ristabilire le prerogative dell'ex regime sovietico e finendo col fare della
Russia una potenza tendenzialmente autarchica”.
L’indagine giornalistica ci ricorda che “La
storia sembra ripetersi come ai tempi delle presidenze di Jimmy Carter e Ronald
Reagan quando, dopo l'invasione dell'Afghanistan e il colpo di stato in
Polonia, fu stabilito l'embargo sull'export di tecnologia all'Urss per la
costruzione del gasdotto siberiano”, per
poi concludere sottolineando (così và il mondo!) che “la crisi ucraina è assunta
come un alibi dai politici di entrambi i campi per giustificare le difficoltà
economiche interne”.
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