Il Corriere della Sera attraverso un resoconto di Viviana
Mazza, riassume la situazione
politica negli Stati che sono stati interessati,
tre anni fa, dalla cosiddetta Primavera araba. Il bilancio viene stilato alla luce di alcune anticipazioni sul rapporto annuale «sulla libertà del mondo» che, a breve, sarà pubblicato da Freedom House, l'organizzazione non governativa internazionale, che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche, e diritti umani.
Il giornale riporta le dichiarazioni di Charleston Dunne, il direttore della sezione Medio Oriente e Nord Africa di Freedom House. La Tunisia è l’unico stato che ha raggiunto un indice di libertà soddisfacente: il «governo islamista ha saputo gestire il potere in modo inclusivo, cedendo il passo a una squadra incaricata di gestire la transizione e di organizzare nuove elezioni».
Se gli 11 milioni di tunisini hanno fatto un passo in
avanti in tema di libertà di espressione e di associazione, la stessa cosa non
sta accadendo in Egitto dove si vota una nuova Costituzione che «offre alcune
libertà religiose in più ma stabilisce fermamente l’esercito come garante del
potere, un passo indietro rispetto a un governo democraticamente eletto per
quanto estremamente carente; e il ritorno degli oligarchi, dei burocrati e
delle forze della sicurezza».
Charleston Dunne confida nella Libia poiché «nonostante
la mancanza di sicurezza e il potere delle milizie, si registra lo sviluppo di
una società civile attiva e il desiderio di creare un nuovo contesto politico».
Resta il pessimismo per quanto concerne gli altri stati:
Yemen, Siria, Qatar, Arabia Saudita e tantissimi altri paesi di questo vasto
territorio, continuano ad essere caratterizzati da repressioni, violenze,
stampa non libera e discriminazioni di ogni genere.
Canzone del giorno: Spring (2008) - Tracy Chapman
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