Su Repubblica di ieri, Liana Milella intervista il Ministro della Giustizia.
Anna
Maria Cancelleri si difende dalle accuse che piovono da più parti per i suoi
contatti con la famiglia Ligresti e per il suo comportamento nelle vicenda
penitenziaria di Giulia Ligresti: «Non ho nulla di cui
vergognarmi e per cui dimettermi. La mia coscienza è assolutamente limpida e
trasparente. (…) Sulla notizia giornalistica, che doveva finire com’era nata,
si sono innestati interessi politici che l’hanno strumentalizzata, con
l’obiettivo di colpire il governo di larghe intese. Ci sono persone che hanno
motivi di rancore nei miei confronti, perché ho sciolto comuni per mafia e
fatto pulizia negli enti corrotti. Continuano a dire che sono intervenuta sui
magistrati, ma non è vero, basta sentire Caselli. Non c’è serenità nel valutare
i fatti, s’infanga una persona senza pensarci».
Sullo
stesso giornale Massimo Giannini parla,
però, di “zona grigia che rende
inquietante la vicenda Cancelleri-Ligesti e che svela la natura compromissoria
e forse compromessa del potere”. Il vice-direttore di Repubblica si concentra
sul termine «pentimento» utilizzato
dal ministro: “Non è un «pentimento» che si chiede al ministro, ma semmai un
«chiarimento » sulla natura dei rapporti che la legano alla famiglia di don
Salvatore. Fino ad obbligarla a telefonare al fratello del «padrino» per
garantirgli il suo interessamento, come testimoniano le intercettazioni agli atti dell’inchiesta di Torino. Perché la
Cancellieri si è sentita in dovere di farlo? Questo chiarimento non è arrivato.
Il movente che ha spinto il ministro a sollecitare la scarcerazione di Giulia
Ligresti non sembra il «volto umano della giustizia», ma semmai la faccia
complice dell’amicizia. Se il Guardasigilli non è libero nei confronti di chi
gli chiede un passo improprio, non può restare al suo posto”.
Dall’altra parte della “staccionata”, Maurizio Belpietro su Libero, nel dedicare il suo editoriale
alla vicenda, muove analoghe e più forti critiche all’atteggiamento del
ministro: “il ministro si sta nascondendo dietro a un dito. Nessuno vuole sapere
quanti detenuti si siano rivolti al ministero per segnalare le loro condizioni
di prigionieri. E nessuno crediamo sia interessato a conoscere in quali occasioni
gli uffici di largo Arenula si siano attivati per far presente ai direttori
delle carceri i disagi dei detenuti. Ciò che si intende approfondire è se ci
siano altri casi di interventi diretti sul Guardasigilli e di convocazioni dei
direttori del Dap. Cioè: la Cancellieri ha l’abitudine di lasciare il suo numero
di cellulare nelle portinerie dei penitenziari affinché i detenuti che ne hanno
bisogno la chiamino senza indugio? Il suo telefonino viene fornito insieme con
la dotazione della cella a chiunque ne faccia richiesta appena messo piede nel
reclusorio?Confessiamo che, nonostante la sua aria da brava
nonna preoccupata della salute dei propri nipoti, facciamo fatica a immaginare
il ministro della Giustizia come una specie di telefono azzurro dei galeotti,anzi di telefono a sbarre. Dunque le giustificazioni
addotte e quelle che presumiamo verranno rappresentate nei prossimi giorni,
appaiono come tentativi di insabbiare la faccenda Ligresti più che degli sforzi
per chiarire quanto è successo”.
Canzone del giorno: Last Request (2006) - Paolo Nutini
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