Mettiamola
così. L'articolo 153 primo comma del trattato CEE (firmato a Roma nel 1957)
recita che "al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed
assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la comunità
contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei
consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione,
all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri
interessi".
I padri
fondatori dell'Europa non potevano certo immaginare che un giorno uno dei suoi
Stati membri (la Grecia), si sarebbe ritrovato a consentire la vendita nei
supermercati di cibi scaduti anche se, ovviamente, con un elevato sconto
applicato.
Il Pil
della Grecia continua ad affondare e più di 1 milione di persone (circa un
quarto della popolazione attiva tra lavoratori e pensionati) dichiara redditi
inferiori a € 6.000 annuali.
La
crisi coinvolge l'intero mondo occidentale ma, fino a oggi almeno, in Europa le
leggi nazionali stabiliscono che nei supermercati (e in ogni altro esercizio)
non possono essere venduti cibi scaduti.
Fa una
certa impressione, quindi, assistere a quanto accade in Grecia.
Pasta,
riso, olio e marmellate si possono, certo, ingerire anche un po' di tempo dopo
la data di preferibile scadenza, ma il provvedimento del governo greco sembra
assumere la forma di una vera propria crisi di civiltà.
Povertà e
sottosviluppo sono l'imprimatur di un fallimento politico della società del
benessere.
L'Europa
è alla frutta? Speriamo di no, anche perché si rischierebbe di ritrovare fra le
mani della frutta scaduta!
Canzone del giorno: Food In The Belly (2006) - Xavier Rudd
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