L'articolo di Danilo Taino su Sette, supplemento settimanale del
Corriere della Sera, ha un un titolo interessante e curioso: "Oblomov, la
futura Bibbia dei manager".
L'assunto iniziale dal quale parte l'autore é che nell'era di
Internet non si ha più tempo per pensare e l'attuale sistema di lavoro fa sì
che "le persone sono trascinate ogni giorno da una riunione all’altra;
devono rispondere a decine di richieste, spesso inutili, perché è d’obbligo
mostrarsi cooperativi; sono subissati da email che richiedono risposte tanto
immediate quanto vuote di contenuto. Risultato, non hanno tempo di pensare: il
modo di lavorare dell’era Internet, anzi, sembra organizzato attorno al
concetto del non riflettere. Per questo Oblomov, simbolo dell’ozio ma
desideroso del bene, ha una chance nel mondo del lavoro non troppo
lontano".
Lavoro e (presunta) fedeltà aziendale: "In Italia, si tende a
stare in ufficio più che in altri Paesi europei, probabilmente perché la
carriera è spesso giocata più sulla fedeltà (anche apparente) che non sui
meriti. Ma non è solo quello. Le nuove tecnologie hanno esteso il tempo di
lavoro ben al di là delle ore di ufficio. Una ricerca negli Stati Uniti di Good
Technology – citata di recente dal settimanale Economist – ha misurato che più
dell’80% delle persone continua a lavorare anche dopo avere lasciato la
scrivania, che il 69% non riesce ad addormentarsi se non ha controllato la
posta elettronica e che il 38% abitualmente scruta le email durante la
cena".
Secondo molti studiosi questo modo di lavorare rappresenta uno dei
grandi problemi della vita delle aziende, non permettendo al lavoratore di
avere una visione di quello che sta facendo. Taino ci ricorda che come Jack
Welch della General Electric, uno dei più grandi manager degli ultimi
decenni, avesse l'abitudine di dedicare un’ora al giorno a guardare
fuori dalla finestra: "i migliori strateghi sono coloro che non vivono
rispondendo agli eventi e alle richieste ma impongono la loro agenda, nella
quale c’è sempre spazio per riflettere".
Canzone del giorno: Give Me Time To Think (1968) - Lightnin Hopkins
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Nell’era Internet non si ha tempo per pensare.
Così il personaggio simbolo dell’ozio, ma desideroso del bene, ha una chance nel mondo del lavoro
Danilo Taino, Setta del Corriere della Sera
Non è che l’Oblomov di Goncarov sia già il libro-bibbia del momento, tra i guru del management. Toglietelo però dallo scaffale e mettetelo sulla scrivania. Ha buone probabilità di diventarlo. Tra l’altro, quasi certamente anche voi lavorate – se lavorate – troppo. E questo sta diventando uno dei grandi problemi della vita delle aziende: le persone sono trascinate ogni giorno da una riunione all’altra; devono rispondere a decine di richieste, spesso inutili, perché è d’obbligo mostrarsi cooperativi; sono subissati da email che richiedono risposte tanto immediate quanto vuote di contenuto. Risultato, non hanno tempo di pensare: il modo di lavorare dell’era Internet, anzi, sembra organizzato attorno al concetto del non riflettere. Per questo Oblomov, simbolo dell’ozio ma desideroso del bene, ha una chance nel mondo del lavoro non troppo lontano.
Fedeli alla carriera. La perdita di tempo è qualcosa che ognuno di noi sperimenta quotidianamente sul posto di lavoro. In Italia, si tende a stare in uffcio più che in altri Paesi europei, probabilmente perché la carriera è spesso giocata più sulla fedeltà (anche apparente) che non sui meriti. Ma non è solo quello. Le nuove tecnologie hanno esteso il tempo di lavoro ben al di là delle ore di ufficio. Una ricerca negli Stati Uniti di Good Technology – citata di recente dal settimanale Economist – ha misurato che più dell’80% delle persone continua a lavorare anche dopo avere lasciato la scrivania, che il 69% non riesce ad addormentarsi se non ha controllato la posta elettronica e che il 38% abitualmente scruta le email durante la cena. In Italia le percentuali sono probabilmente inferiori, ma chiunque sia entrato in un ristorante negli ultimi cinque anni sa che la tendenza è la stessa. Non è che questo rovini solo il tempo libero e irriti famigliari e amici. Alimenta l’apparenza (e forse il senso del dovere) ma crea un vortice nel quale diventa impossibile prendere le distanze e avere una visione di quel che si sta facendo. Uno dei più grandi manager degli ultimi decenni, Jack Welch della General Electric, per un’ora al giorno guardava fuori dalla finestra. E i migliori strateghi sono coloro che non vivono rispondendo agli eventi e alle richieste ma impongono la loro agenda, nella quale c’è sempre spazio per riflettere. Non è esagerato dire che per chi fa un mestiere in qualche modo creativo, leggere Oblomov è già un obbligo. Ma anche per gli altri è consigliabile: persino a chi ci governa.