Il Post di venerdì scorso è
stato dedicato al mondo di Twitter.
Il caso ha voluto che lo
stesso giorno, un articolo di Michele Serra su Repubblica, scatenasse ai
massimi livelli il dibattito (e lo scontro) sull’utilizzo del famoso social
network.
I fruitori di Twitter si sono
inferociti con il giornalista, reo di aver espresso il suo fastidio per il “cip
cip” via rete, sostenendo a chiare lettere che “Twitter mi fa schifo. Fortuna che
non twitto…”.
Niente di nuovo sotto il sole.
La critica di Serra si allinea al filone portato avanti da molti, fra cui il
famoso scrittore americano Jonathan Frenzen che, proprio qualche giorno fa, è
tornato ad attaccare il social network, definendolo “irritante in modo
indicibile. Articolare un parere in 140 caratteri è come scrivere un romanzo
senza la P”.
Twitter può anche non piacere (vedi post di venerdì scorso) e alcune osservazioni dei “super-critici” possono apparire anche molto
condivisibili (“cultura senza dialettica”, “autoreferenzialità”, “cicaleccio
impotente”), ma porsi in maniera troppo saccente di fronte ad un mezzo di
comunicazione che, spesso, si configura come puro divertimento, esercizio di
umorismo e di stuzzicanti freddure, appare un po’ troppo esagerato.
Non bisogna, inoltre,
dimenticare che, com’è accaduto nelle rivolte dei paesi arabi, Twitter è
divenuto un utilissimo strumento per permettere a innumerevoli persone di
divulgare gli eventi in corso a dispetto dei tentativi di censura e
repressione.
In ogni caso è interessante
valutare come l’articolo di Serra, in meno di un nano-secondo, si sia diffuso
proprio su Twitter, diventando oggetto di una discussione che ha coinvolto (e
tuttora coinvolge) migliaia di persone.
Come sempre il fascino della “navigazione”
(e dei social network) in un mondo che
cambia…
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