nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

venerdì 30 maggio 2025

Ondeggiare

Sway

La maggior parte delle volte
Tutti i pensieri nella mia mente mi fanno correre
Mostrami un posto dove non posso pensare a nulla
Se mi arrendo, se mi lascio andare, mi stringerai?
Forse un giorno imparerò a ondeggiare.


Come una palma nel vento
Non mi spezzerò
Mi piegherò e basta
E ondeggerò,
Ondeggerò

Like a palm tree in the wind
I won't break
I'll just bend
And I'll sway
I'll sway

Sway, Kacey Musgraves (2024)

Canzone del giorno: Sway (2024) - Kacey Musgraves
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mercoledì 28 maggio 2025

Avvenire

AVVENIRE

Ti chiamano avvenire

perché non vieni mai.

Ti chiamano: avvenire,

e aspettano che tu arrivi

come un animale mansueto

a mangiare dalle loro mani.

Ma tu rimani

al di là delle ore,

rintanato chissà dove.

...Domani!

E domani sarà un altro giorno tranquillo

Un giorno come oggi, giovedì o martedì,

o qualunque altra cosa ma non quello

che continuiamo ad aspettare, ancora, sempre.

Angel Gonzalez (1924 – 2008), da Senza speranza con convinzione (1961)

Canzone del giorno: Happen (2016) - Emeli Sandé
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lunedì 26 maggio 2025

Convinzioni

"Il problema non è mai come farsi venire in mente qualcosa di nuovo e innovativo ma come eliminare le vecchie convinzioni."

Dee Ward Hock (1929 – 2022) 


Canzone del giorno: Perdutamente (2025) - Achille Lauro
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venerdì 23 maggio 2025

Solidarietà a Bibi

Non so voi, ma ora arrivo a capire Netanyahu. Il noto terrorista e serial killer israeliano ha sterminato per 19 mesi 50 mila civili palestinesi bombardando 'ndo cojo cojo la striscia di Gaza con la scusa di sconfiggere Hamas (ben nascosto nei tunnel e all'estero e ben rifornito di nuove leve dai massacri dell'Idf) e liberare gli ostaggi (contribuendo ad ammazzarli), in realtà per salvarsi le chiappe, senza che nessuno dicesse o facesse niente. Chiunque nel globo terracqueo osi fare un millesimo di ciò che fa lui è subissato di condanne, sanzioni, embarghi, boicottaggi, risoluzioni. Lui no. Al massimo qualche fervorino per gli "errori" o "eccessi di legittima difesa": ahi ahi, bricconcello, non esagerare. Nessun Paese ha sospeso i rapporti diplomatici e commerciali, né tantomeno le forniture di armi. Neppure quando suoi ministri invocavano l'atomica su Gaza o altri simpatici mezzi per eliminarne i 2,5 milioni di abitanti. Né quando   le basi Unifil in Libano che osavano intralciare l'ennesima invasione (come ieri con i 25 ambasciatori). Anzi, l'Occidente puniva severamente chi parlava male di lui: accuse di antisemitismo, retate di Pro-Pal in strade e università, prof anche ebrei fermati alla frontiera tedesca perché minacciavano di denunciare i suoi crimini in convegni accademici, un bimbo di 10 anni braccato, arrestato in piazza a Berlino e assicurato alla giustizia da agenti antisommossa perché sventolava una bandierina della Palestina. Poi il suo ex amico Trump è volato nella penisola arabica per affari (anche suoi) e ha avuto conferma che i satrapi locali se ne fregano dei palestinesi, ma devono salvare la faccia con l'opinione pubblica araba. Così ha scaricato Bibi e spinto sull'acceleratore dei negoziati con i suoi più acerrimi nemici: Iran, Hamas, Houthi, Siria. A quel punto la cosiddetta Europa, che salvo rare eccezioni non aveva mai detto né fatto nulla, si è sentita scavalcata persino da lui. E, tutto a un botto, ha realizzato che Israele in un anno e mezzo ha maciullato 50 mila persone, soprattutto bambini, mentre le altre rischiano di morire di fame. La scoperta dell'acqua calda, o dell'acqua Kallas, viste le vibranti parole dell'intrepida "alta rappresentante Ue" fra una sanzione e l'altra alla Russia: "Dall'odierna discussione emerge una forte maggioranza a favore della revisione dell'art. 2 del nostro accordo di associazione con Israele. Pertanto avvieremo l'iniziativa, intanto spetta a Israele sbloccare gli aiuti umanitari". Insomma, gliele ha cantate chiare. Figurarsi lo stupore di Netanyahu, che non si dà pace: "Che avrò fatto di strano   nuovo?". Non sa che, tra i famosi `valori dell'Europa", c'è anche il numero chiuso sui morti ammazzati: 50 mila, non uno di più.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano (22/05/2025)

Canzone del giorno: Trapped Underneath the Stairs (2010) - Korn
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mercoledì 21 maggio 2025

Effetti grotteschi

Che cosa faccia Trump più o meno si capisce. Agevola la strategia di guerra di Putin, gli consente di prendere tempo,  sconsiglia anche solo ulteriori sanzioni contro la Russia, che secondo lui è pronta al negoziato di pace, anche se non esiste un solo indizio in questa direzione. C’è altro. Dopo aver cercato di piegare il braccio a Zelensky con inaudite tecniche intimidatorie, fino al blocco delle forniture militari e al ritiro dell’intelligence, a parte l’agguato della Casa Bianca, ha venduto al mondo una photo-op in San Pietro, che considera con frivolezza “il più bell’ufficio del mondo”, e con un paio di telefonate agli europei più il Regno Unito ha integrato la fotografia del miracolo con il sortilegio di una svolta diplomatica via cavo nei rapporti con i bistrattati alleati di una guerra che dura da tre anni in Europa, ma subito dopo ha svuotato di senso la scintilla diplomatica di Istanbul in una conversazione intima e affettuosa con l’aggressore, dalla quale quest’ultimo è uscito raggiante, con la sicurezza di poter insistere nei bombardamenti combinati con le elusioni diplomatiche avendo acquisito una sorta di neutralità americana. Secondo il Financial Times, inoltre, irritato per non aver potuto proporre al mondo lo scoop di un’Amministrazione che in ventiquattr’ore, dopo Biden, era in grado di fermare il massacro europeo, Trump si sfila dalla partita, propone a Putin grandi business come orizzonte dopo la guerra, e intanto si mette anche a scherzare con il Vaticano come nuova sede negoziale possibile. Come Trump faccia tutto questo è anche abbastanza chiaro. Al telefono e con i tweet sulla sua piattaforma, intrecciando segnali contrastanti di giorno in giorno nel corso dei suoi spostamenti, segnalando sfacciatamente l’assenza di un filo logico razionale e prevedibile nelle sue mosse, lasciando agli altri interlocutori l’onere di decrittare le sue vere intenzioni, a parte Putin con il quale mostra di intendersi benissimo nei codici della comunicazione, e suggerendo agli ex alleati europei di non incrementare sanzioni contro la Russia e aiuti all’Ucraina per non ostacolare la volontà di negoziato e di pace affettata a chiacchiere dai Lavrov e dalle Zakharova. Un comportamento che ha il crisma dell’incredibilità, inconsistente e incoerente in tutto, salvo il punto fermo dell’accordo strategico con l’aggressore, sancito dall’idea che “questa non è la mia guerra, se la sbroglino in Europa”. Il terzo interrogativo, dopo il che cosa faccia e come lo faccia, è più difficile, ci inoltra nel mistero più assoluto. Perché lo fa? Si può pensare che sia fuori di sé. Si può pensare che sia sotto ricatto, la teoria del kompromat. Si può pensare che cerchi i favori delle autocrazie imperiali di Russia e Cina o le tema, e quest’ultima gli ha già dato una lezione amara di art of the deal sui dazi. Si può pensare che il suo narcisismo sia patologico e maniaco al punto di dover dissimulare con un qualche capro espiatorio, una volta Zelensky una volta gli europei, il fallimento della promessa elettorale di risolvere il tutto con il suo tocco magico in poco tempo. Si può infine pensare che non sappia come si fa, che l’emarginazione totale o quasi degli adulti dalla stanza del potere americano lo induca a una conduzione personale dei grandi dossier, il più clamoroso dei quali è questo farsi trattare a promesse vane e pesci in faccia da Putin, abile e sperimentato negoziatore. Resta una sola vera ipotesi realistica, difficile da accettare per vera in ragione di una lunga storia euroatlantica che parla in senso opposto, cioè che Trump abbia davvero in animo di distruggere l’Europa politica, la struttura atlantica del suo sistema di alleanze, svuotando la Nato di significato e lasciando finire il compito a chi ha preso l’iniziativa armata di scassare gli equilibri successivi alla fine della Guerra fredda. Più si va avanti, più sbiadisce l’effetto grottesco della photo-op ai funerali del Papa, e più è plausibile che l’ultima spiegazione sia quella giusta e che se ne debbano tirare alcune pericolose e dolorose conseguenze. E se questo è il contesto delle mosse di Trump, il problema dell’Italia non è fare da pontiere ma finire la guerra di difesa europea e ucraina dalla stessa parte da cui l’ha cominciata.

Giuliano Ferrara, Il Foglio (21/5/2025)

Canzone del giorno: Effect and Cause (2007) - The White Stripes
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lunedì 19 maggio 2025

Il sorriso

“La gioia che noi ispiriamo ha questo d’incantevole: che, lungi dall'indebolirsi come ogni riflesso, ci ritorna ancora più vivida. Nelle ore di ricreazione, Jean Valjen la guardava da lontano giocare e correre, e distingueva le sue risa da quelle di tutte le altre.

Perché ora Cosette rideva.

Anzi il viso di Cosette era mutato. La tristezza era scomparsa.

Il sorriso è il sole; scaccia l’inverno dal viso umano”.

Victor Hugo (1801 – 1885) – I Miserabili (1862) 

Canzone del giorno: Your Smile (1987) - Sarah Vaughan
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sabato 17 maggio 2025

Brutalità

All’inizio della seconda guerra mondiale Londra era la più grande città del mondo, capitale del Regno Unito e dell’impero britannico. Aveva poco più di otto milioni di abitanti. Tra il 1940 e il 1945 fu ripetutamente bombardata dall’aviazione tedesca. I bombardamenti più pesanti si concentrarono tra il 7 settembre 1940 e l’11 maggio 1941. Il termine Blitz, contrazione della parola tedesca Blitzkrieg (“guerra lampo”), fu usato per la prima volta in quei giorni dalla stampa britannica. Nel luglio del 1943 Amburgo era uno dei più importanti centri industriali della Germania nazista. Per otto giorni, a partire dalla notte del 24 luglio, fu bombardata dall’aviazione britannica e statunitense in quello che tutt’oggi è considerato il più devastante attacco aereo mai avvenuto nella storia dell’Europa. Lo scrittore statunitense Kurt Vonnegut era stato catturato dai tedeschi e si trovava a Dresda quando la città fu rasa al suolo dai bombardamenti britannici e statunitensi, fra il 13 e il 15 febbraio 1945, pochi mesi prima della fine della seconda guerra mondiale. In Mattatoio n.5 racconta come gli apparve la città quando uscì dal rifugio sotterraneo: “Sembrava la superficie della Luna”. Per la sua brutalità e sostanziale inutilità, questo bombardamento provocò grandi polemiche anche nel Regno Unito. Arthur Harris, all’epoca capo del comando dei bombardieri dell’aviazione britannica, disse: “In passato i nostri attacchi alle città tedesche erano giustificati. Ma farlo è sempre stato ripugnante, e ora che i tedeschi sono battuti, possiamo astenercene”. Clayton Dalton è un medico di pronto soccorso statunitense che scrive per il New Yorker. Alla fine di gennaio è stato nove giorni a Gaza per prestare servizio all’interno di un ospedale semidistrutto. In un articolo uscito ad aprile ha scritto: “L’esercito israeliano ha sganciato su Gaza più bombe di quelle cadute cumulativamente su Londra, Amburgo e Dresda durante tutta la seconda guerra mondiale”.

Giovanni De Mauro, Internazionale (8/5/2025)

Canzone del giorno: Human Race (2015) - Three Days Grace
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mercoledì 14 maggio 2025

Coltivare la speranza

Nel mito, Pandora, aprendo il vaso che non avrebbe dovuto aprire, fa fuoriuscire tutte le sciagure e i mali perché si abbattano sull’umanità. Solo Speranza, come in una casa indistruttibile, ci racconta Esiodo (Le opere e i giorni) non vola fuori, Pandora richiude in tempo il malefico vaso. Per volere di Zeus. Un tipo di vaso che non è un’invenzione di Esiodo, già nell’Iliade (XXIV) ne troviamo due sospesi agli stipiti della porta di Zeus: uno è colmo di beni e l’altro di mali. A ben guardare allora, nel vaso aperto da Pandora c’erano solo i mali? E allora perché c’era la Speranza? È forse un simbolo della radice della nostra duplicità umana, sempre in bilico tra sofferenza e felicità? La nostra fragilità e finitezza. È lì che si annida un seme di quella Spes contra spem di cui parlerà San Paolo nella Lettera ai Romani? La speranza contro ogni speranza, che persiste contro ogni dubbio e che è d’aiuto anche a chi non ne ha. In greco elpís, aspettativa, può anche essere delusa. Una speranza che sembra contenere qualcosa del suo contrario, la dis-perazione. In latino è Spes, da cui deriva la nostra parola italiana e più vicina a quello che anche per noi rappresenta: un senso di aspirazione, fiducia e tensione verso una meta. Nel mondo romano veniva venerata, le dedicavano templi e a lei gli imperatori si rivolgevano perché fosse di buon auspicio nelle loro imprese. Ma dipende da noi quale volto darle. La speranza è uno sguardo sull’esistenza, occorre alimentarlo, soprattutto quello dei giovani. E non è neppure vero che sia una prerogativa esclusivamente cristiana. Ci viene incontro una frase molto bella di Norberto Bobbio e spesso citata dal cardinale Martini: «la vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa».
Allora educhiamo i nostri giovani a pensare. Zeus, oltre che al vaso di Pandora, ha dato vita anche alle Muse, insieme a Mnemosyne, dea della memoria. Sono nove divinità protettrici delle arti, della scienza e della musica. I Greci ci dicono che la Bellezza è anch’essa un dono divino e se ci prendiamo l’impegno di insegnarla, i giovani sapranno riconoscerla e farne fonte di speranza: un futuro in cui ne saranno artefici. Mi ha colpita che Papa Francesco l'avesse definita la più piccola delle virtù ma la più potente, capace di modificare le dinamiche della nostra vita quotidiana. Una virtù saggia e visionaria, capace di farci sperare l’insperabile D’altro canto, sosteneva Eraclito, se l’uomo non spera l’insperabile, non lo troverà.

Cristina Dell’Acqua, Corriere della Sera (11/5/2025)

Canzone del giorno: Hope (2022) - Elisa
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lunedì 12 maggio 2025

Lingua

«Non permettere alla lingua di oltrepassare il pensiero»

Anton Cechov (1860 - 1904)


Canzone del giorno: Though Contagion (2018) - Muse
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venerdì 9 maggio 2025

Leone XIV

Un papa americano. Un uomo commosso. Nel segno della continuità. Nelle vesti della formalità. Invocando la pace. Dispensando l’indulgenza. Robert Francis Prevost, che passerà alla storia come Leone XIV, si è presentato all’incrocio di molte motivazioni e di altrettanti segni. Ha trovato ad attenderlo centocinquantamila persone fisiche e un miliardo virtuali. Sorprese dal suo nome, curiose del suo esordio, spaventate per il futuro. «Che la pace sia con voi». E «Ave Maria ». Ha nominato due volte papa Francesco, ma ha indossato la mozzetta rossa, la croce d’oro, la fascia. Ha provato, con i simboli e con le parole, a situarsi al centro dei desideri di tutti. Probabilmente per questo è stato eletto. Tesi, antitesi e lui a fare da sintesi. Legato a Sant’Agostino come Ratzinger, venuto dalla periferia del mondo (Ciclayo, in Perù) come Bergoglio. È il primo papa statunitense, ma non è un uomo di Trump, anche se il presidente proverà a mettergli sopra un cappello da cow boy, anche se l’ombra scura dell’America si è allungata su piazza San Pietro. Prima l’ultimo colloquio del Papa precedente (con Vance), poi il dialogo, più mediatico che storico, aisuoi funerali (fra Trump e Zelensky) e ora questo pontefice accolto da uno sventolar di bandiere a stelle e strisce, curiosamente in maggioranza nelle strade intorno al Vaticano già da due giorni. Il romanzo del Conclave si è concluso in fretta, con soli quattro capitoli e una fumata fuori programma, controsole, alle 6 e 08 della sera. Ha tuttavia assecondato la fenomenologia di un evento che sa essere popolare e arcano, che dispensa una gioia infantile, concessa a una massa di orfani ai quali viene annunciato d’incanto: «È arrivato papà!». Il compimento di un destino non risponde ai pronostici, ma asseconda i segni. Si sono inseguiti per tutta la giornatadell’8 maggio 2025, ottantesimo anniversario (benché retroattivo) della capitolazione della Germania nazista. Che la pace sia con quelli che sono sopravvissuti. Una delegazione è salita dalla Campania guidata dalla cometa della coincidenza con la supplica alla Madonna di Pompei. […] La velocità della decisione aveva portato tutti gli esperti e perfino i prelati d’Italia a pensare a un connazionale: Parolin o, in subordine, Pizzaballa. Ma fin dall’inizio gli stranieri, soprattutto quelli venuti dalle Americhe, facevano quell’altro nome: Prevost. L’uomo che tiene insieme mondi. Nato a Chicago, da padre italo-francese e madre spagnola. Cittadino degli Usa e del Perù. A suo agio a Roma come a Chulucanas. Poliglotta. D’aspetto rassicurante, per quel che può valere. Quando la finestra si è aperta ed è stato pronunciato l’habemus papam al «Robertum Franciscum» nessuno ha capito di chi si stesse parlando. «Prevost» ha aiutato soltanto alcuni. È sceso un gelo primaverile: scarti un regalo e non capisci che cosa sia, come farne uso, ti aspettavi, avevi chiesto, altro; ma è Leone XIV e allora si alzi il coro. Nel solco della dottrina sociale, della Rerum Novarum, ma anche dell’opposizione al monumento a Giordano Bruno morto sul rogo e della visione nefasta riguardo al futuro imminente, confermata dagli accadimenti successivi. «Che la pace sia con voi», invece. Due volte il nome di Francesco e altrettante l’invito a non avere paura perché «il male non prevarrà». È la storia a dircelo, altrimenti non saremmo qui a raccontarla, ogni guerra è finita, ogni maceria è stata trasformata in nuova vita, ma abbiamo bisogno di sentircelo ripetere. Chi non amava gli strattoni, l’imprevedibilità e l’estrema disponibilità di Bergoglio si è compiaciuto potendosi sottomettere a un Papa di insegne e indulgenze. Chi voleva che non crollassero i ponti, ma i muri, pensa di poter camminare ancora verso l’altra riva, anche se si muove come un orizzonte. Nella prima apparizione di un Papa se ne cerca il lato umano, sapendo che su quello baserà il suo disegno. Di Wojtyla è rimasta la possanza con cui si appoggiò al balcone, di Bergoglio l’empatia. Di Prevost probabilmente resteranno il fremito del naso e gli occhi umidi. Certo, in Conclave ci sono correnti e ci si può facilmente raffreddare, ma quell’uomo con gli occhiali affacciato a un balcone è sembrato emozionato, se non sopraffatto. Non aveva davanti Roma, ma l’incognita di ciò che verrà. Forse anche lui, solo nella stanza delle lacrime, ha avuto una visione come il predecessore di cui ha scelto il nome e per contrastarla ha bisogno di una forza che chiede al cielo e alla terra. In poco più di due settimane abbiamo assistito ad avvenimenti mai visti: prima i potenti del pianeta che fanno il G20 al funerale di un uomo che, stanco di tutti loro, li lascia a parlare e se ne va a riposare altrove, poi, adesso, un Papa americano. La rigidità dei riti della Chiesa cattolica, così fuori da questo tempo, è sembrata una ringhiera a cui aggrapparsi contro la furia dell’attualità. Alla fine, la vetustà è ancora in grado di produrre novità, mentre il resto, mascherato da modernità, corre in retromarcia verso la fossa del Novecento. Per gli ultimi della Terra non ci sono profeti, liberatori, lider maximi o di media taglia. Hanno guardato a Francesco e da ieri sera a quest’altro di cui Francesco è il secondo nome. Condotto, per fede e con fede, nel cuore di ogni aspettativa, al confine di lama tra speranza e illusione.

Gabriele Romagnoli, Repubblica (9/5/2025)

Canzone del giorno: Come See About Me (1972- Buddy Guy
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martedì 6 maggio 2025

Tutto è dovuto

…”vi rivelo un segreto,” disse Vincenza passando a bisbigliare. “Rosalia dice che per essere santa basta essere gentili, generose, occuparsi degli altri e non chiedere nulla in cambio. Dovremmo essere tutte sante noi femmine, ma non è così. Magari facciamo del bene e quasi ogni giorno, ma nessuno se ne accorge, tutto è dovuto….”.

Giuseppina Torregrossa, La Santuzza è una rosa (2023)


Canzone del giorno: Imparare ad amarsi (2018) - Ornella Vanoni feat Bungaro e Pacifico
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domenica 4 maggio 2025

Lavoro dignitoso

Se la qualità del lavoro è lo specchio del grado di salute di un Paese, l'Italia ha molti motivi per sentirsi poco bene. Basta chiedere a un qualunque programma di IA cosa si intenda per "lavoro dignitoso". La risposta, non sorprendentemente, consiste in una serie di aggettivi: equo, sicuro e stabile. Ancora: deve offrire un salario (o un reddito, nel caso di lavoro autonomo) soddisfacente e puntualmente percepito, implicare opportunità di inclusione, sviluppo e crescita professionale (attraverso la formazione) e inoltre il rispetto e la valorizzazione delle persone (attraverso forme di welfare aziendali), delle loro competenze e diversità. Nel fornire queste rispose, l'IA si basa piuttosto che sui fatti sui propositi di documenti ufficiali. È il caso dell'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), dell'Obiettivo 8 (Sviluppo sostenibile e, per l'appunto, lavoro dignitoso) dell'agenda ONU per il 2030. Si tratta allora di obiettivi scritti per nobilitare chi li propone ma impossibili da realizzare? O — come ha ammonito ieri il Presidente Mattarella — c'è qualcosa che non va nel nostro sistema economico (o magari in noi stessi), tale da generare, anche tra chi un lavoro ce l'ha, povertà crescente, un numero inaccettabile di incidenti; l'impossibilità dei giovani di programmare una famiglia e la loro crescente emigrazione all'estero, con relativa perdita per noi di talenti e competenze? […] In Italia, l'occupazione cresce (forse anche perché i salari sono bassi) ma è ancora lontana dalla media UE; nella classe di età 20-64 anni la media UE era, nel 2024, del 75,8%, con diversi Paesi sopra l'80 mentre l'Italia è ferma al 67%, peraltro con forte divari territoriali, di genere e tra generazioni, a testimonianza di un mondo del lavoro ancora fortemente segmentato. Il basso tasso di occupazione implica spesso lavoro nero, non tutelato, attività illegali ed evasione fiscale: di qualcosa le persone devono pur vivere! Alla bassa occupazione si accompagnano bassi salari medi, cresciuti poco in termini nominali negli ultimi vent'anni e diminuiti in potere d'acquisto a causa della forte inflazione, negli anni più recenti. Una delle poche note positive è la diminuzione dei "Neet", giovani non occupati né inseriti in un percorso di formativo: qui l'Italia, pur continuando a collocarsi ben al di sopra della media europea, non ha più il primato. Circa un quinto della popolazione italiana è così a rischio di povertà, un dato cresciuto soprattutto tra i giovani ma anche tra chi lavora a tempo pieno, specie se donna. Nonostante un aumento dei contratti a tempo indeterminato, i rapporti di lavoro sono spesso ancora precari e in settori poco produttivi, il che incide fortemente sulla possibilità di formulare piani di vita e perciò anche (è ipocrita nasconderlo) sulla natalità.

Elsa Fornero, La Stampa (2/5/2025)

Canzone del giorno: Working Class Hero (1970) - John Lennon
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venerdì 2 maggio 2025

Senso di colpa

Mauro Biani, da google.it












Canzone del giorno: Razor's Edge (1983) - Meat Loaf
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giovedì 1 maggio 2025

Playlist Aprile 2025

     1.      The Steve Miller Band, Children Of The Future – (Children Of The Future – 1968) – Erasmus

2.      Joni Mitchell, Not To Blame – (Turbulent Indigo – 1994) – Una tragedia che si ripete

3.      Iron Maiden, Sea Of Madness – (Somewhere In Time – 1986) – Il superbo

4.      Tiromancino ft. Elisa e Mag, Nessuna certezza – (In continuo movimento – 2002) – False Certezze

5.      Robert Cray, Worry – (Nothin But Love – 2012) – Preoccupazione

6.      Riccardo Cocciante, Poesia – (Poesia – 1973) – Poesia

7.      Samuele Bersani ft. Pacifico, Le storie che non conosci – (La fortuna che abbiamo – 2016) – La buona Letteratura

8.      George Harrison, That’s the Way It Goes – (Gone Troppo – 1982) – Meccanismi perversi

9.      The Temper Trap, Resurrection – (Conditions – 2009) – Pasqua

10.   Keith Jarrett, Prayer – (Death and the Flower – 1974) – Francesco

11.   Ringo Starr, In a Heart Beat – (Time Takes Time – 1992) – Il cuore di Bertoglio

12.   Pino Daniele, Mareluna – (Medina – 2001) – Angoli del mondo

13.   Massimo Bubola, Un uomo ridicolo – (Doppio lungo addio – 1994) – In dentro

14.   John Frusciante, Emptiness – (Inside Of Emptiness – 2004) – Ragazzi allo sbando