La vittoria di Emmanuel Macron dimostra che i populismi si possono battere. Il voto di domenica certifica l’esistenza di una maggioranza silenziosa di cittadini che vede ancora nel processo di integrazione europea la possibile soluzione alle esigenze di benessere, sicurezza e democrazia, anche se ne riconosce i limiti manifesti, ne contesta gli errori e gli egoismi, ne auspica una rapida riforma nel nome dell’efficacia. Il giovane presidente francese ha conquistato l’Eliseo parlando di quello che gli elettori volevano sentire, del lavoro che non è più sicuro, della sicurezza che manca, delle diseguaglianze che crescono. In questo, ha fissato un precedente per i leader dell’Unione, necessario ma non sufficiente. Perché il difficile match con sovranisti e dintorni non è certo concluso. Il 33 per cento dei consensi raccolti da Marine Le Pen dimostra che gli arrabbiati sono tanti: al di là delle scelte ideologiche, il loro voto esprime la furia per le risposte insufficienti che le loro paure hanno ricevuto dai governi nazionali e dall’Ue. (...)
La fase tempestosa impone di investire insieme, essere solidali insieme, difendersi insieme, archiviando i giochini fra le capitali e sposando gli interessi nazionali con quelli della collettività, dicendo la verità senza tronfi ottimismi, pensando ai tanti e non ai pochi. Deve cominciare la stagione europea della concretezza, ispirandosi anche al successo di Macron. Altrimenti, tempo pochi anni, non potremmo fare altro che scrivere la storia della fine di un’Unione spazzata via dalla giusta vendetta dei cittadini delusi.
Marco Zatterin, La Stampa (9/5/2017)
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